DOSSIER SPECIALE: C’ERA UNA VOLTA IL TESORETTO DI LAVELLO

documents-button(di Luigi Lamorte) | Nella memoria mondiale sono appena state impresse le ultime follie perpetrate dai fanatici dell’Isis contro le opere d’arte del Museo di Mosul (che siano esse vere o solo riproduzioni), un attacco indiscriminato contro la storia ma soprattutto la memoria. Le statue sono state fatte a pezzi a martellate perché ritenute “immorali”, ricordo di civiltà passate, di una religione diversa dal fanatismo messo in campo da questi sedicenti teologi. Di “perdita di memoria” vorrei trattare in questo articolo ed in particolare della “scomparsa” di un vecchio tesoretto di tarì, multipli e frazioni scoperto nel 1880 in Basilicata di cui oggi non solo si è persa traccia ma addirittura è scomparsa dalla memoria non solamente dei testi, ma anche delle persone.

Il rinvenimento fatto nelle campagne di Lavello (Pz); presumibilmente, è la scoperta numismatica, in ambito medievale, più rilevante effettuata in Basilicata. Ci si trova però davanti ad un paradosso, se da un lato vi è una scoperta inestimabile, formata da 433 monete in oro, dall’altro tale rinvenimento sembra non essere conosciuto da nessuna Soprintendenza lucana ed oltre. L’esistenza di tale tesoro è provato dagli studi effettuati da Arthur Sambon (“Monetazione dei Normanni, Svevi e Angioini”, (opera pubblicata in pochi esemplari senza titolo e data ma presumibilmente nel 1916; nel testo l’autore, cita il tesoro di Lavello a p. 74, nota 1, illustrando due tarì federiciani a p. 81 n. 8/g e 8/i), da Lucia Travaini (“La monetazione nell’Italia normanna”, pp. 366-367 R18, appendice sui ripostigli, e nota 21: l’autrice cita “Nel famoso ripostiglio di Lavello, uno dei più abbondanti di monete sveve, e che si crede il tesoro nascosto di Corrado, si trovano diversi multipli di tarì tagliati in due per aggiustare un determinato peso”) ma anche dal più recente lavoro di Alberto D’Andrea “The Hoenstaufen’s coins of the Kingdom of Sicily” (p. 30 nota 2 anche se Lavello viene ubicata in Abruzzo e non in Basilicata).

Il tesoro venne studiato qualche anno dopo il suo ritrovamento dall’archeologo Michele Lacava il quale pubblicò i suoi studi nel 1889 in “Antichità Lucane”, pp. 67-72. Tale studio viene ripreso in un allegato delle pubblicazioni Tarsia, anno IX del 1995 da Mauro Carretta nell’articolo “Lavello Normanno-Sveva”. Stando a quando ci riferisce il Lacava, il rinvenimento venne effettuato nell’aprile del 1880 presso la contrada Colombro (proprietà del principe di Torella) da 12 contadini di Andria al servizio di Vincenzo Rubino di Minervino Murge. I contadini, dissodando la terra, si trovarono di fronte al tesoro di Corrado I, morto a Lavello di malaria nel 1254, composto da non meno di 10.000 pezzi d’oro. Diffusasi la notizia molti abitanti corsero a scavare in zona ma, tranne che per qualche sporadico ritrovamento, non venne trovato più nulla. Gli ultimi pezzi osservati dal Lacava, divisi in 14 tipologie diverse, si trovavano presso l’orefice Mauro Masi di Lavello. Secondo l’archeologo, la maggior parte del tesoretto non poteva che essere composto da augustali dato che la Polizia Postale, qualche tempo dopo, sequestrò un pacco diretto ad un negoziante numismatico di Roma spedito da un oreficeria di Andria (nota n. 3 p. 55 delle edizioni Tarsia). Ecco ciò che il signor Lacava descrisse nel suo articolo del 1889.