DOSSIER SPECIALE: LE MONETE CHE FINANZIARONO CRISTOFORO COLOMBO | 2

Chi sborsa la somma? Non la Corona, anche se secondo una leggenda molto romantica Isabella sarebbe stata pronta a sacrificare tutti i suoi gioielli pur di raggranellare il denaro necessario. A finanziare Colombo è soprattutto Santàngel per 1.750.000 maravedi. La somma è in parte prelevata dalla sua cassa personale, in parte proviene dai fondi privati di Ferdinando e in parte – la più cospicua, 1.400.000 maravedi, il 70% del totale – è preso a prestito dalla Tesoreria della “Santa Hermandad”, una potente confraternita incaricata di assicurare l’ordine, di amministrare la giustizia e di riscuotere le tasse. A controllarla è proprio il Santàngel insieme all’amico Francesco Pinelli. Altri finanziatori sono il fiorentino Giannotto Berardi, il genovese Francesco de Riberol, l’armatore spagnolo Pinzon e lo stesso Pinelli, che tra l’altro è in stretto rapporto d’affari con i Cybo (alla cui famiglia appartiene Innocenzo VIII).002

Se il papa non è uno sponsor, è senza dubbio tra coloro che consigliano i mercanti e i banchieri italiani ad investire il loro denaro nell’impresa. Colombo anticipa 250.000 maravedi (un ottavo del totale) prestatigli dal duca di Medina, che fiuta l’affare, e da altri amici. Alla città di Palos Ferdinando ed Isabella ordinano di fornire a Colombo due caravelle – la “Nina” e la “Pinta”, di 60 tonnellate – fornite di tutto il necessario per dodici mesi, in sconto di una multa inflitta agli abitanti per alcuni atti di pirateria lesivi dei diritti della Corona. La terza caravella – la “Gallega” o “Maria Galante”, di 100 tonnellate, l’ammiraglia poi ribattezzata “Santa Maria” – viene presa a nolo da Colombo. Per disposizione sovrana chi accetta di imbarcarsi sulle caravelle di Colombo viene assolto da ogni imputazione e liberato da ogni pena.

Ma non va escluso anche un possibile contributo da parte degli ebrei. Mentre Colombo salpa il 3 agosto da Palos verso la gloria, il popolo d’Israele consuma il suo ennesimo esodo, liquidando, o meglio svendendo, tutti i beni accumulati in duemila anni di permanenza e lavoro in Spagna. Proibito per loro portare fuori del Paese oro o argento. Molti per aggirare il divieto spezzano i cruzados (la bella moneta d’oro portoghese coniata da Alfonso V) e i ducati, inghiottendone i pezzi. C’è chi muore, c’è chi, più fortunato, riesce a portare con sé fino a 30 ducati. I porti spagnoli sono pieni di ebrei espulsi. A Cadice 10.000 famiglie si stipano su bastimenti d’ogni tipo pagando prezzi esosi per un posto. Colombo ordina ai suoi uomini d’imbarcarsi sulle tre caravelle entro la mezzanotte del 2 agosto. E’ questo l’ultimo termine concesso agli ebrei per lasciare la Spagna. Una strana coincidenza.