TRA STORIA E NUMISMATICA: LE RARE MONETE DELLA CONGIURA DEI BARONI

Notevole è la differenza di rarità tra le due varianti: la prima appare spesso sul mercato a prezzi più che abbordabili, mentre della seconda sono conosciuti solamente due esemplari, uno si trovava nella collezione Muntoni (smembrata nell’asta Montenapoleone n. 4 nel 1984) , l’altro apparve in un articolo di F. P. Tinozzi (“Su alcuni tipi di monete non conosciute di zecche degli Abruzzi”) nel “Bollettino del Circolo numismatico napoletano” del 1965.

Le rivolte baronali proseguirono fino al 1485, quando a settembre si ebbe la Riconciliazione di Miglionico tra Innocenzo VIII e Ferrante. Il re nel 1488 decise di celebrare il ristabilimento dell’ordine politico-sociale con la coniazione di un coronato (nominale d’argento del valore di 22 tornesi, cioè di 11 grani) per celebrare la vittoria del potere reale su quello baronale.

003Il coronato coniato nel 1488 per commemorare la vittoria del sovrano sui baroni: da notare le fattezze umane del muso del drago (source: Numismatica Ars Classica)


Al dritto si trova appunto il busto del sovrano con la corona e la legenda FERDINANDVS D G REX SICILIE HIF oppure FERRANDVS ARAGO REX SICILIE. Al rovescio si ha la raffigurazione dell’arcangelo Michele che trafigge il drago e la legenda IVSTA TVENDA (è doveroso tutelare ciò che è giusto). Di questa moneta esistono numerosissime varianti per la punteggiatura, il busto di Ferrante al Diritto e la posizione dell’arcangelo Michele al rovescio. Importantissima è la raffigurazione del drago che, in una variante riportata dal “Corpus Nummorum Italicorum” al numero 640, non ha il muso da rettile ma un vero e proprio volto umano, ricordando come i baroni fossero “il male” del Regno. Questa moneta segna un passo importante nelle coniazioni del Regno di Napoli, in quanto è la prima a commemorare un evento che non sia l’incoronazione del sovrano.

Recentemente, tramite la rilettura degli ordini di Terracina del 1494, i quali imponevano al mastro di zecca l’apposizione delle sue iniziali sulle monete d’oro e d’argento coniate nelle zecche di Napoli e l’Aquila, e a seguito della riscoperta dei privilegi di battere moneta concessi continuativamente alla città di Lanciano dal 1441 al 1640, è stato possibile stabilire con certezza che almeno le monete napoletane d’oro e d’argento senza sigla, battute dal 1488 al 1640, furono esclusivamente coniate nella zecca frentana. Non a caso alle monete senza sigla venivano affidate le serie pubblicitarie, le quali potevano diffondersi rapidamente attraverso il cosiddetto “scavallamento di fiera”. Per approfondimenti si veda “Monete e zecca nella terra di Lanciano” di Simonluca Perfetto.