DALLA MONETA DI NAPOLI ALLA LIRA: VICENDE MONETARIE IN MERIDIONE | 1

Nel silenzio del provvedimento, la valutazione più plausibile è che, similmente a quanto era stato disposto in Sicilia, anche nelle Province meridionali continuasse a valere il principio della coesistenza della nuova lira italiana con le vecchie valute borboniche fino a “nuovo ordine”, sebbene per i terrirori al di qua del Faro non si fosse disposta l’unificazione del sistema monetario a quello dell’Italia (in realtà del Regno di Sardegna) ma il più limitato riconoscimento del solo corso legale della lira d’argento italiana. In precedenza (decreto 15 settembre 1860, n. 42) il dittatore aveva confermato le disposizione emanate con altro decreto del 5 luglio, con le quali si erano stabiliti il prezzo e le spese di monetazione degli argenti che si immettono in zecca.

Ed eccoci all’annessione: a seguito dei plebisciti del 21 ottobre 1860 con i quali la maggioranza delle popolazioni votanti dell’ex Regno delle Due Sicilie si dichiarò favorevole all’annessione al Piemonte e dei successivi decreti che sancirono formalmente l’adesione di queste Provincie allo Stato italiano vennero nominati da Vittorio Emanuele II dei luogotenenti per il governo degli ex territori del Regno borbonico (con legge 3 dicembre 1860 del Parlamento del Regno di Sardegna, si autorizzava il Governo “ad accettare e stabilire per Reali Decreti l’annessione allo Stato di quelle Provincie dell’Italia centrale e meridionale nelle quali si manifesti liberamente, per suffragio diretto universale, la volontà delle popolazioni di far parte integrante della Nostra monarchia costituzionale”. L’esito dei plebisciti, svoltisi il 21 ottobre 1860 nelle Province meridionali ed il 2 dicembre 1860 in Sicilia, venne sancito dai Regi decreti emessi il 17 dicembre 1860. (in G.U. n. 306 del 26 dicembre 1860).

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Per Napoli e le Province meridionali la nomina ricadde dapprima Luigi Carlo Farini, che ricoprì la luogotenenza dal 6 novembre 1860 al 6 gennaio 1861; dal 7 gennaio fino al 16 maggio 1861 l’incarico venne invece affidato al principe Eugenio di Savoia–Carignano, cugino del sovrano. Seguirono poi le nomine del conte Gustavo Ponza di San Martino e quindi del generale Enrico Cialdini. Per la Sicilia, il passaggio di consegne fra il prodittatore Antonio Mordini e il luogotenente generale del re per le Province Siciliane, marchese Massimo Cordero di Montezemolo, avvenne il 2 dicembre 1860. La Luogotenenza siciliana cessò il 1° febbraio 1862, dopo che al Montezemolo era stato avvicendato, dal 14 aprile 1861, Alessandro Della Rovere e dal 5 settembre il conte Ignazio de Genova de Pettinengo.

Mentre di questa Luogotenenza non registriamo alcun provvedimento in materia monetaria, di quella per le Province meridionali dobbiamo annotare il decreto 17 febbraio 1861, n. 256 con il quale “si autorizza la zecca di Napoli a coniare la moneta di bronzo italiana con l’effigie del Re Vittorio Emanuele, ed a ritirare dalla circolazione le monete di rame del cessato Governo Borbonico”. La disposizione richiama, quanto alle regole ed alle modalità per l’esecuzione dell’operazione, le prescrizioni stabilite nei Decreti del Regno di Sardegna del 20 novembre 1859 e del 15 dicembre 1860.