DALLA MONETA DI NAPOLI ALLA LIRA: VICENDE MONETARIE IN MERIDIONE | 1

Tutte le monete da coniarsi a Palermo dovranno recare da un lato l’effigie del re, con la legenda “VITTORIO EMMANUELE RE D’ITALIA”; dall’altro l’indicazione del valore e l’anno della fabbricazione; “il tutto secondo il modello che sarà pubblicato dal Segretario di Stato per le Finanze”. Per quanto attiene il corso legale della nuova valuta, l’art. 11 del provvedimento lo limitava espressamente alle sole “monete di argento e di bronzo descritte negli articoli precedenti, che si coniano nelle zecche del Regno italiano allo stesso titolo e collo stesso peso” (art. 11), mentre si confermava per la nuova moneta aurea di prossima coniazione il trattamento solamente fiduciario già riservato alle specie in oro di conio borbonico.

La legge n. 159 regolamentava altresì il corso legale in Sicilia “delle antiche monete delle provincie che ora compongono il Regno italiano” (art. 13) e quello delle “antiche monete attualmente in circolazione” (art. 14). Nel primo caso, si stabiliva che le antiche monete delle province italiane componenti il Regno avranno corso legale in Sicilia “secondo il valore ragguagliato in esso Regno a quello della nuova moneta”, precisando tuttavia che “nessuno sarà obbligato a ricevere le monete di bronzo, rame o biglione, dette di bassa lega, erose o eroso-miste né pagamenti di somma maggiore di lire venti”. Per quanto concerne il corso legale delle antiche valute circolanti in Sicilia, la legge prevede che “finché non saranno ritirate e rifuse, continueranno ad aver corso legale come prima e non potranno essere rifiutate nei pagamenti anche quando l’obbligazione sia espressa unicamente in moneta nuova, nel qual caso saranno ricevute pel valore ragguagliato nell’annessa tavola B”.

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Si delinea dunque un sistema monetario di tipo monometallico argenteo nel quale, accanto alla nuova moneta italiana, continuano per il momento a convivere a pieno titolo le valute già in circolazione nell’Isola, sulla base di un rapporto di cambio pari ad una lira nuova italiana = tarì 2 e grana 7 (“in antica moneta siciliana non decimale”) ovvero grana 23 e cavalli 5 (“in moneta decimale napolitana”), illustrato nelle Tabelle allegate al testo provvedimento. Con la successiva legge n. 160 promulgata lo stesso 17 agosto 1860, si disponeva che “contemporaneamente alla emissione di nuove monete di bronzo, saranno ritirate le antiche monete di rame”.Tuttavia, nonostante le previsioni delle Leggi citate, la zecca di Palermo non coniò mai alcuna moneta a nome di Vittorio Emanuele II.

Il 7 settembre 1860 il Generale Garibaldi giungeva a Napoli in treno, accolto da una folla e da un entusiasmo incontenibili. Facendo uso ora del titolo di “dittatore delle Due Sicilie” ora di quello di “dittatore dell’Italia meridionale”, ma sempre a nome di Vittorio Emanuele II, egli provvedeva immediatamente ad emanare i provvedimenti necessari a fronteggiare le necessità di governo delle province meridionali continentali. Con decreto del 24 settembre 1860, n. 71, il dittatore ordinava che la lira italiana d’argento ed i suoi multipli e spezzati abbiano corso legale nelle Province dell’Italia meridionale.

A differenza dell’articolata legge n. 159 promulgata per la Sicilia poco più di un mese prima, il decreto di Garibaldi per le Province meridionali è un provvedimento che si compone di soli quattro articoli e di un’allegata “tavola di ragguaglio”, che indica il rapporto di valore fra la nuova lira italiana e le monete d’argento napoletane. In esso si precisa (art. 3) che “queste disposizioni avranno provvisoriamente vigore in fino a quando non sarà messa in uso una moneta unica per tutta l’Italia”. Nulla si riporta in merito alle nuove monete italiane coniate in oro e in bronzo; ma sopratutto nulla stabilisce il decreto in merito alla sorte delle valute borboniche, che fra l’altro continuavano ad essere persino battute dalla zecca di Napoli, ma con il millesimo 1859, fino alla metà del mese di novembre 1860 (cfr. Bovi G., opera cit., p. 427).