ZECCA, MONETE E CIRCOLAZIONE MONETARIA NELLO STATO PIOMBINESE

Prima dell’apertura della zecca, mancando una moneta propria, nello Stato piombinese circolavano le monete di tutti gli altri Stati, cosa questa abbastanza naturale poichè valore di una moneta era legato all’intrinseco in oro o argento, ma certamente non altrettanto agevole nella babele di tipi monetali emessi da stati, staterelli e città. La più antiche testimonianze nella monetazione circolante nello stato piombinese provengono dal territorio elbano; si tratta di monete di piccolo taglio sia in argento che in mistura e in rame provenienti prevalentemente da zecche dell’Italia centrale (Pisa, Firenze, Volterra, Siena, Lucca, Macerata, Camerino per citare le principali) e tutte collocabili tra il XII ed il XV secolo.

Durante gli scavi condotti nel 1982 nel castello di Scarlino da un’equipe dell’Università di Siena e diretta dall’amico, immaturamente scomparso, Riccardo Francovich, fu rinvenuto un vaso contenente cento monete d’oro, assai verosimilmente un “fiorino di sigillo o di suggello”. La provenienza di tali monete è uno specchio preciso delle alleanze – e delle inimicizie – del piccolo Stato piombinese. La sepoltura del tesoretto è infatti ascrivibile attorno alla metà del XV secolo, quando su Piombino incombe la minaccia dell’assedio di Alfonso I d’Aragona di cui, forse non a caso, mancano esemplari monetali (l’assedio, iniziato il 25 giugno 1448, cessò il 10 settembre dello stesso anno e Alfonso dovette ritirarsi senza essere riuscito a piegare la resistenza dei piombinesi). In totale si tratta di 29 fiorini, 24 sanesi, 21 ducati veneziani, 15 ducati della zecca di Roma, 4 di quella di Milano, 3 genovini, un ducato bolognese e tre fiorini ungheresi. Si trattava, per l’epoca, di una cifra di tutto rispetto che equivaleva all’incirca a un quindicesimo delle entrate mensili della Signoria piombinese.

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Alcuni anni più tardi, durante gli scavi effettuati da studenti dell’Università de L’Aquila guidati da Fabio Redi, nell’area della vecchia chiesa di San Cerbone a Populonia furono individuati i resti di una piccola cappella al cui interno, sotto il livello pavimentale, fu rinvenuto un sacello con più strati di deposizioni. Tra le deposizioni dell’ultimo e del penultimo strato furono rinvenuti uno scudo d’oro del sole di Modena, un ducato di Napoli, un grossone d’argento di Lucca, nonché 12 monete della zecca fiorentina, altrettante di quella senese, due di Bologna ed una di Urbino (tutte in rame o mistura); di queste ben 23 facevano parte di un vero e proprio gruzzolo.

Sulla base delle date di emissione le monete si collocano – con l’eccezione di una databile al 1465 – tra il 1516 e non oltre il 1559.Da questi rinvenimenti risulta chiaro come la circolazione era costituita prevalentemente da monete emesse dagli stati confinanti con la signoria piombinese, primo fra tutti il Granducato di Toscana.