Una firma a forma di cuore

Il cuoricino sulle monete del periodo napoleonico in Italia, sia detto chiaramente, non è un simbolo d’amore…

di Celeste Colombo. C’è un piccolo cuore che accompagna alcune monete della Repubblica Subalpina. Non si conosce chi l’abbia voluto ma si sa a cosa serve e sembrerebbe che non ci sia nessuna storia romantica. Un passo indietro: la Rivoluzione francese ebbe effetti dirompenti anche sulle monete. Solo dopo alcuni anni di confusione Napoleone riuscì a imporre una riforma efficace e organica: nel 1800 istituì la Banque de France e tre anni dopo promulgò la legge monetaria che introduceva in Francia un nuovo ordinamento monetario. Il sistema era bimetallico e decimale, basato sul franco, diviso in decimi e centesimi. L’espansione in Europa della Francia napoleonica portò come effetto collaterale l’introduzione del nuovo sistema. Anche in Italia. La Repubblica Subalpina – ossia il Piemonte di inizio Ottocento – fu il primo territorio ad adottare il sistema decimale francese.

Insieme alle indicazioni di valore e alle date di emissione, le monete dovevano recare anche la “firma” del direttore della zecca, responsabile dell’officina nella quale le monete venivano realizzate, alle cui dipendenze operava anche l’incisore preposto alla realizzazione dei conii. A Torino il direttore era Vittorio Modesto Paroletti, personaggio assai in vista fra Settecento e Ottocento, accademico delle scienze e cultore di storia locale. A Paroletti fu associato – e non se ne conosce il motivo – un piccolo cuore stilizzato. Il primo esempio si trova nei 5 franchi coniati tra il 1801 e il 1802, prime monete d’argento adottate in territorio italiano con il sistema decimale.

Se sul diritto del 5 franchi della Repubblica Subalpina due figure allegoriche con simboli rivoluzionari (il berretto frigio per tutti) rappresentano la Gallia Subalpina e la Francia circondate dalla legenda Gaule Subalpine e Lavy (Amedeo Lavy era l’incisore capo della zecca di Torino), al rovescio il valore facciale e la data di emissione sono contornati da una corona composta da una palma e un ramo di alloro e dal motto liberté egalitè (‘libertà eguaglianza’) ed Eridania (locuzione per indicare indirettamente il Piemonte dei Savoia). Il cuore batte proprio lì, sotto la data di coniazione.

Dopo un periodo di vita relativamente breve, di fatto la Repubblica Subalpina cessò di esistere e Torino con il Piemonte e con la Liguria divennero a tutti gli effetti territorio metropolitano francese. Una delle conseguenze fu che le monete coniate nelle due città si distinguevano da quelle prodotte, per esempio, a Parigi o Lione solo per il segno di zecca. Le altre monete della Repubblica Subalpina non hanno quel segno caratteristico, che non manca mai invece sulle monete francesi coniate a Torino identificabili per la presenza della lettera u (assegnata alla città dalla burocrazia francese) e, soprattutto, per il piccolo cuore.