LE BANCONOTE A FIRMA CANOVAI, VARIANTE O TIPOLOGIA?

documents-button(di Salvatore Apicella) | Il collezionismo della cartamoneta è diventato negli ultimi anni un’attività molto seguita ed apprezzata, coltivata da un numero sempre crescente di appassionati. L’interesse che hanno suscitato le banconote in lire, come confermano gli scambi e le quotazioni, è via via aumentato in questo primo decennio di vita dell’euro, testimoniato anche dalle numerose aste numismatiche che sempre maggior spazio danno alle banconote. La collezione di cartamoneta rappresenta una parte della numismatica dal fascino molto particolare e dal carico di storia notevole, sicuramente meno commerciale rispetto alle più quotate monete o alla stessa filatelia, con i suoi pro ed i suoi contro. Chi colleziona cartamoneta non deve fare i conti con emissioni commemorative, serie divisionali, emissioni numerate di pochi esemplari e quant’ altro esiste di particolare per monete e francobolli; l’appassionato deve semplicemente scegliere quale tipologia di collezione può essere di maggiore interesse per sé in un ambito molto più circoscritto.

La collezione di banconote in lire comprende, quasi per definizione, tutte quelle banconote emesse nel periodo storico preunitario, nel successivo Regno d’Italia e durante la Repubblica. Per il periodo storico del Regno d’Italia, l’inizio della collezione viene fatto coincidere con la nascita dei primi biglietti di stato del 1883, mentre per la Repubblica parte dal giugno 1946 fino al termine del 2001.Tuttavia, com’è noto, il Regno d’Italia rientra in un momento storico antecedente al 1883, molto prima anche della stessa unità del Paese del 1861, e tutte le emissioni cartacee di quel periodo vengono comunemente chiamate “collezione degli antichi stati”, dalla Banca Nazionale negli Stati Sardi (trasformata poi in Banca Nazionale nel Regno d’Italia) alla Banca Romana, al Banco di Napoli, al Banco di Sicilia ed alle Banche Toscane, fino ai biglietti consorziali che sono stati in assoluto i primi biglietti di Stato.

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Palazzo Koch, in via Nazionale a Roma, sede centrale della Banca d’Italia (source: web)


Le collezioni vengono successivamente affinate in base ai propri gusti: troviamo chi colleziona la sola Repubblica, chi si specializza nei biglietti del Regno, oppure chi semplicemente cerca i biglietti emessi dalla Banca d’Italia. In ogni caso, tuttavia, è necessaria una precisa ordinazione cronologica e tipologica delle banconote affinché una collezione non diventi confusionaria e disordinata. Per evitare questo, i maggiori cataloghi di cartamoneta oggi in commercio trattano principalmente le banconote del Regno e della Repubblica, facendo cominciare il periodo del Regno – come già detto – proprio dai primi biglietti di Stato del 1883 e proseguendo poi fino alle recenti emissioni di cartamoneta della Repubblica. Alcuni cataloghi, poi, integrano l’opera con l’aggiunta dei biglietti consorziali o della Banca Nazionale nel Regno d’Italia oppure con le occupazioni italiane all’estero o straniere in territori italiani.

L’ordine di catalogazione deriva quindi da un convenzionale ordine tipologico dei biglietti stessi, inseriti nel catalogo in linea cronologica e suddivisi sulla base delle loro caratteristiche di emissione. Ne risulta quindi che alcuni biglietti, apparentemente simili come disegno, firme ed altro, risultino essere tipologicamente diversi, perché, ad esempio, emessi in periodi storici differenti oppure emessi con un elemento caratteristico (ad es. il contrassegno di stato) modificato con apposito decreto.

Il principale criterio adottato fino ad oggi per catalogare tipologicamente la cartamoneta è basato sulle caratteristiche di emissione della stessa, vale a dire tutti quei segni distintivi che contraddistinguono il biglietto, inseriti in apposito decreto ministeriale ed eventuali successive variazioni. Anche le modifiche, contraddistinte da apposito decreto, vengono autorizzate mediante decreto pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale”. Alcuni tipi di modifiche possono essere, ad esempio, la rimozione della matrice, il cambio del contrassegno di stato o dei colori, o vere e proprie variazioni delle caratteristiche di base. Nella maggior parte dei casi, sia i decreti di emissione che quelli di modifica sono richiamati dalla banconota stessa che ne riporta stampati, generalmente sui bordi, il numero e/o la data.