PAROLE E MONETE: “NÉ AL DI QUA NÉ AL DI LÀ”

documents-button(di Roberto Ganganelli) | Quale miglior simbolo, per indicare equità ed equilibrio nelle azioni di governo come nella pastorale religiosa, se non una bilancia? Ecco che, allora, quel simbolo appare su un testone di papa Alessandro VII (1655-1667) coniato senza data dalla zecca pontificia di Roma. La bella moneta, essenziale ed elegante nel rovescio quanto elaborata nell’araldica al dritto, giustappone alla mano (destrocherio) che discende dall’alto e sorregge la bilancia in equilibrio il motto, tratto da un verso delle “Satire” di Orazio (1, 1, 106-107), “Est modus in rebus, sunt certi denique fines / quos ultra citraque nequit consistere rectum” (“C’è nelle cose una misura, ci sono determinati limiti al di qua e al di là dei quali non può consistere la virtù”).

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Due varianti del testone di Alessandro VII con bilancia e motto “Nec citra nec ultra” (source: Numismatica Ars Classica)


Lo stesso motto “Nec citra nec ultra” accompagna l’impresa di Claudia Rangoni (due pilastri sormontati ognuno da tre piramidi) a indicare che la nobildonna, moglie di Giberto da Correggio, traditore dei Guelfi e dei Ghibellini, si era prefissa mantenere per sé stessa il massimo equilibrio nelle azioni come nelle parole. Nella monetazione di Vincenzo I Gonzaga, IV duca di Mantova e II del Monferrato, il motto si trova infine, assieme ad una clessidra e ad un compasso, su un quarto di ducato d’oro anonimo. In questa moneta, di grande rarità, c’è chi vede il simbolo della stabilità della gloria dei Gonzaga nel tempo e chi le virtù della prudenza, della giustizia e della temperanza, tutte fondate sul senso della misura, di cui il compasso è strumento.