Teche GdN: L’ALTARE DELLE GALLIE,
UN MONUMENTO SCOMPARSO E LE SUE MONETE

(di Stefania Marsura | dal “GdN” n. 18 di giugno 2013, pp. 34-37) | lugdunum e l’altare | Agli occhi dei Romani, la Gallia era divisa in due grandi regioni: la civile Transalpina a sud e la barbara Comata, conquistata da Cesare. La Transalpina fu separata dal resto delle Gallie nel 22 a.C. e la sua amministrazione passò nelle mani del Senato, col nome di Narbonense. Secondo Plinio e Strabone la Narbonense era assimilabile ad un territorio latino, mentre Pomponio Mela sottolinea la feracità del resto della Gallia, che non solo aveva come peculiarità quella di combattere i propri vicini, ma anche di praticare sacrifici umani. Dall’“Apocolocynthosis” di Seneca emerge che la Gallia era considerata come una provincia “barbara” e che era ancora vivo il ricordo del sacco di Roma. Lo stesso si può dire se si prendono in considerazione le argomentazioni del discorso tenuto da Claudio, in favore dei Galli: egli sottolinea che vi erano già senatori provenienti da Vienna, nella Narbonese, che i Romani avevano sempre accettato stranieri nel proprio territorio ed infine che i Galli si erano dimostrati ottimi alleati nelle guerre contro i Germani. Nonostante questi argomenti, lo stereotipo dei Galli come popolo incivile non fu mai eliminato totalmente e nel caso citato solo gli Edui ottennero il privilegio di accedere al Senato. Non a caso erano la popolazione più vicina geograficamente alla civilizzata Narbonese.

Augusto divise il territorio restante in tre grandi regioni: Belgica, Lugdunense e Aquitana. Lugdunum fu designata come capitale delle tre Gallie e divenne, fin dall’inizio della sua storia, una città di riferimento per tutta la Gallia. Prima della conquista romana i Galli si riunivano attorno ad casta sacerdotale, i druidi, che presenziava ad una cerimonia annuale e “nazionale”, nel territorio dei Andecavi (nel Centre). Questa riunione o “concilium” delle tribù galliche precedente la conquista romana, ci viene descritto da Cesare, il quale ci informa del fatto che, dopo aver convocato più volte il consiglio delle Gallie, egli permise ai vinti di continuare le loro assemblee. Un’altra riunione, organizzata a Gergovia, alla quale si recarono tutti i Galli tranne Treviri, Remi e Lingoni fu il preludio alla battaglia di Alesia e l’ultima riunione politica e diplomatica libera dei Galli. A seguito della conquista cesariana, i rappresentanti delle Gallie, su volontà di Roma, cambiarono non solo la sede del loro culto, che si spostò nel Santuario della Confluenza, in una zona sacra a Nord della colonia di Lugdunum, ma soprattutto la sua natura.

Asse in bronzo di Lugdunum a nome di Augusto (mm 22-23, courtesy Museo archeologico nazionale di Firenze)

Una delle prime restrizioni alla popolazione gallica fu infatti la decisione di Augusto di interdire formalmente (attraverso la “Lex Iulia de vi publica”) ai cittadini romani di partecipare alle cerimonie dei druidi; in seguito Tiberio e Claudio vietarono qualsiasi riunione di questo tipo. La casta dei druidi ed il druidismo furono in parte soppiantati dal culto di Roma e dell’imperatore, soprattutto per ragioni politiche. Questi sacerdoti infatti non si occupavano unicamente delle cerimonie religiose, ma anche dell’educazione della classe dirigente e dell’organizzazione delle assemblee dei capi tribù. I druidi erano in questo modo in grado di influenzare le decisioni politiche e questo non poteva essere tollerato da Roma.

La decisione di riunire le tribù conquistate vicino alla capitale delle tre Gallie, pare si debba a Druso, il quale fu incaricato di presporre ed organizzare la riunione. Il primo concilio si tenne nel 12 a.C. e vi parteciparono le delegazioni di tutti i popoli celtici, costituite dai più importanti cittadini e magistrati, riuniti annualmente per decidere su questioni religiose, politiche e sociali. Il motivo di questa prima riunione fu quello di ingraziarsi i membri dell’aristocrazia gallica, proponendo loro di essere riconosciuti dall’Impero come capi delle tribù sottomesse. In questo modo Druso avrebbe avuto campo libero per le sue spedizioni in Germania e non si sarebbe dovuto preoccupare di eventuali sollevazioni. Inoltre i Galli si vedevano concedere formalmente ciò che già Cesare aveva loro riconosciuto, ossia uno status ben definito all’interno del nuovo governo. Coloro che non vi parteciparono furono invece automaticamente dichiarati nemici, hostes.

Il sito di questa riunione è stato identificato con quello che diventò successivamente il Santuario della Confluenza. Questo luogo si trovava infatti proprio alla confluenza (Condate, in celtico) di Rodano e Saône, che circondavano Lugdunum e la sua “presqu’île”. Si trattava di un territorio federale ed il complesso si era sviluppato partendo dall’altare consacrato a Roma ed Augusto. Facevano parte del complesso anche un anfiteatro, un tempio ed un bosco sacro,  ma probabilmente anche degli edifici destinati alle delegazioni e naturalmente le terme. Per quanto riguarda il primo edificio, una dedica ci informa che furono costruiti dal sacerdote del culto, Caius Iulius Rufus, a nome suo e della sua discendenza. L’anfiteatro fu poi ampliato nel II secolo, ad opera del procuratore della Lugdunense e dell’Aquitana, Caius Iulius Celsus, che vi aggiunse dei gradini. Le rovine del tempio non sono state ancora identificate, ma la sua esistenza ci è nota da un’iscrizione di II secolo.

A sinistra altro esemplare, di fattura diversa, di asse augusteo con l’Altare delle Gallie al rovescio; a destra, ritratto in marmo dell’imperatore Augusto

Il concilio delle tre Gallie | Il concilio si riuniva nella cerimonia più importante, che si svolgeva in agosto e prevedeva anche dei giochi organizzati nell’anfiteatro. Non si trattava di riunioni aventi unicamente un valore religioso, ma anche sociale, politico ed economico. Infatti la cassa comune delle Gallie e quella delle miniere di ferro federali, facevano anch’esse capo al Santuario. Inoltre venivano decise le posizioni politiche e le strategie da adottare per ingraziarsi l’imperatore (o l’Augusta), con doni oppure ambasciate, per rappresentare al meglio i propri interessi e per sottolineare la propria identità, aldilà della separazione amministrativa. Ad esempio il Consiglio aveva offerto ad Augusto una collana d’oro, aveva inviato l’oratore Iulius Africanus a “consolare” Nerone della perdita della madre e fu verosimilmente in seguito ad un ambasciata che Claudio concesse ai Galli di entrare al Senato. Queste riunioni cessarono verso la fine del III sec. d.C.

La carica di “sacerdos Romae et Augusti” era la più alta onorificenza religiosa concessa ai provinciali, da cui derivava il privilegio di essere preceduto da littori, di avere posti a sedere riservati per gli spettacoli, di sedere fra i decurioni e, alla fine del mandato annuale, di avere una statua, che veniva eretta all’interno del Santuario. Tutto questo a condizione di far fronte a cospique elargizioni: costruzione e sovvenzione di edifici, spettacoli e sacrifici che si svolgevano a Condate. Il primo sacerdote a rivestire questa carica fu C. Iulius Vercondaridubnus, nel 12 a.C., della popolazione degli Edui. Tra il I ed il II sec. furono inclusi nella generica espressione di Augusti tutti gli altri imperatori divinizzati ed il nome del santuario cambiò di conseguenza in “Ara Romae et Augustorum”, verosimilmente durante il regno di Adriano e nel II sec. d.C. si rileva la dicitura di “Ara Caesarum nostrorum apud templum Romae et Augustorum”.

Questo santuario e l’altare in particolare, sottolineavano la grandezza di Augusto e dell’Impero. Le monete che rappresentano questo monumento, recano infatti la legenda ROM ET AVG, ossia la dedica ad Augusto e a Roma.  Sappiamo che attorno a questo culto nacque un sacerdozio, che fu considerato dalle élites galliche come un simbolo di grande prestigio.

A sinistra, asse di Augusto con contromarca di Varo sul ritratto imperiale al dritto (mm 23); a destra, l’anfiteatro romano di Lione, l’antica Lugdunum

Le monete con l’altare di Lione | Augusto, nel 15-14 a.C., trasformò la zecca di Lugdunum in una zecca stabile, che nei suoi primi anni di produzione, fu l’unica in tutto l’Impero a coniare monete d’oro e d’argento. Furono anche battute monete in bronzo, oltre che in metalli preziosi, con un incremento del circolante di piccolo taglio. I metalli preziosi furono tuttavia prodotti prima dei bronzi, nel 15 a.C., e solo nel 10 a.C. iniziò anche la produzione di bronzi, che terminò nel 7 d.C. Si trattava di assi, al cui rovescio troviamo appunto il tipo dell’altare di Lugdunum e al dritto la testa laureata di Augusto. I bronzi non furono più coniati fino al 9 d.C. Questa constatazione si basa sulla presenza di una contromarca, attribuita a P. Quinctilius Varus, il comandante della celebre “clades” (disfatta), che contromarcò le monete augustee fino alla sua morte, nel 9 d.C. Dal 10 al 14 d.C. abbiamo invece un’abbondante produzione: monete di oricalco (sesterzi, dupondi, semissi) e di bronzo (assi), divisibili in due emissioni. Nella prima al dritto è raffigurato Augusto, detto “pater patriae”; nella seconda ritroviamo al dritto l’immagine di Tiberio, “imperator” per la quinta volta (10 d.C.).

Una terza emissione, dello stesso tipo, si data al 13-14 d.C., in base alla settima acclamazione di Tiberio. Divenuto imperatore Tiberio riprese la tipologia di Augusto, sia per quanto riguarda i bronzi, col tipo dell’altare, sia per i metalli preziosi, che presentano il tipo della Giustizia stante. Caligola e Claudio non coniarono serie bronzee, ma solo in metalli preziosi. La prima serie in bronzo di Nerone fu coniata solo nel 45 d.C., col tipo dell’altare di Lugdunum. La riforma attuata da Nerone, nel 64 d.C., spostò a Roma la coniazione di tutte le serie d’oro e d’argento e Lugdunum tornò ad una situazione di normalità, coniando solo monete divisionarie di bronzo (sesterzi, dupondi, assi e semissi d’oricalco e di bronzo), con l’inserimento di un piccolo globo sotto il collo del principe, per differenziarle dalle altre zecche.

A sinistra, dupondio di Lugdunum con l’Altare delle Gallie a nome di Tiberio (mm 28); a destra, semisse in bronzo della zecca di Lugdunum al tipo dell’altare per Tiberio (mm 22)

Alcuni interrogativi | Se crediamo alla testimonianza di Strabone, sul monumento erano incisi i nomi dei sessanta popoli delle Gallie, a loro volta rappresentati in un gruppo statuario, vicino all’altare stesso. Non sappiamo con certezza quali fossero i nomi di questi popoli, soprattutto per la mancanza di precise testimonianze antiche. Dalle monete si può evincere che l’altare era di forma quadrangolare, decorato da corone di alloro e sormontato da due colonne (forse identificabili con le colonne, segate in due troconi, presenti nella chiesa di Ainay e riutilizzate per sorreggere la volta), alla cui sommità troneggiavano due Vittorie alate. Il ritrovamento di una parte del basamento, ed in particolare della decorazione a ghirlande, e di frammenti dell’iscrizione dedicatoria permettono di confermare in parte tale rappresentazione. Per quanto riguarda il resto del decoro e il suo significato simbolico, non tutti gli studiosi sono concordi. Secondo Fishwick la corona civica al centro, i due alberelli ai fianchi, le Vittorie sulla sommità rappresenterebbero gli onori offerti ad Augusto ed è per questo che egli ipotizza anche l’esistenza, ai lati dell’altare, del clipeus virtutis. Ipotesi difficilmente dimostrabile visto che tutte le rappresentazioni monetali pervenuteci presentano unicamente la parte frontale dell’altare.

Gli oggetti che si scorgono sulla parte superiore dell’altare sono stati identificati in vario modo: secondo Audin sarebbero dei tripodi o degli ex voto; per Fishwick sarebbero dei busti trasportabili, rappresentanti la domus, posti sopra l’altare; secondo Turcan, infine, colonne sormontate da statue o teste, poste in prospettiva dietro l’altare. Secondo

Richard questo monumento rappresenterebbe un unicum nella scultura del tempo: in esso i popoli sarebbero stati rappresentati come degli alleati e non come dei prigionieri. Effettivamente, sembra inverosimile che il Consiglio delle Gallie accettasse di riunirsi in un luogo che rappresentava il proprio popolo in catene. In ogni caso risulta evidente la difficoltà di decodificare, in un tipo così piccolo, una realtà tanto complessa.

Dall’antichità al Rinascimento: l’Altare delle Gallie su una delle celebri riproduzioni di Giovanni Cabvino (mm 36)

Un altare di Giovanni Cavino | Il tipo monetale con l’altare di Lugdunum è finito anche nella serie di riproduzioni di monete romane eseguite da Giovanni Cavino “il Padovano” (1500-1570) e che, oggi come nel passato, per la loro qualità artistica ingolosiscono molti collezionisti. A riprova, presentiamo qui un esemplare di alta conservazione al tipo di Tiberio, venduto in asta ArtCoinsRoma 6 nel 2012 (lotto 745) al prezzo finale di 800 euro da una stima iniziale di “appena” 300 euro.

 

Bibliograafia essenziale

Audin A. 1965, “Lyon miroir de Rome dans les Gaules”, Paris.

Fishwick D. 1986,“L’autel des Trois Gaules, le témoignage des monnaies”, in ”Bsnaf”, pp. 90-111.

Frascone D. 2011, Une nouvelle hypothèse sur le sanctuaire des Trois Gaules à Lyon”, in “Revue Archéologique de l’Est”, 60, p. 189 e sgg.

Meissonier J., “Un autel de la paix à Lyon sous Néron: un approche numismatique”, in “XIII Congreso Internacional de Numismatica. Madrid 2003. Actas. Vol. I”, p. 727 e sgg.

Richard F. 1990, “Les ‘soixante peuples’ du sanctuaire du Confluent à l’époque augusteenne”, in “Mélanges d’archéologie offerts par ses amis à Amable Audin”, Lyon, pp. 205-211.

Turcan R. 1982, “L’autel de Rome et d’Auguste ad Confluentem”, in ”Anrw. II. 12. 1”, pp. 607-664.