SE PER FARE LA COMMEMORATIVA BASTA UNA DATA

documents-button(di Antonio Castellani) | Curiosa moneta, quella da 5 lire coniata dalla zecca di Firenze nel 1861 su incisioni di Luigi Gori: l’elegante scudo battuto in 21.471 esemplari sul piede classico del periodo (Ag 900/.., mm 37,00 di diametro per g 25,00 di peso) rappresenta infatti sia la prima emissione commemorativa del neonato Regno d’Italia sia “il canto del cigno” della zecca toscana, una delle più attive ed importanti della Penisola. La moneta raffigura al dritto un espressivo ed elegante ritratto a destra di Vittorio Emanuele II (1861-1878) con attorno la legenda VITTORIO EMANUELE II . RE D’ITALIA (e non più DI SARDEGNA) e sotto il collo, in caratteri piccoli, il riferimento all’autore (L. GORI F.); a completare il tutto, un piccolo monte con banda simbolo del direttore dell’officina monetaria fiorentina Luigi Ridolfi apposto – come recita una carta d’archivio del 7 novembre 1861, in deroga alle disposizioni che avrebbero previsto l’apposizione della lettera F come segno di zecca. E’ tuttavia sul rovescio che il primo scudo della neonata nazione italiana esprime tutta la sua peculiarità: infatti, lo stemma sabaudo coronato, decorato del collare dell’Annunziata e cinto di due fronde d’alloro legate in basso da un nastro sono circondate dal valore espresso in parole (CINQUE LIRE ITALIANE.), in basso dal nome della zecca per esteso (FIRENZE), un fascetto posto in orizzontale e la fatidica data MARZO 1861, mese di proclamazione del Regno. Il bordo è incuso con tre sigle FERT tra rosette e nodi sabaudi.

001Uno splendido esemplare di moneta da 5 lire MARZO 1861 per Firenze (source: ex asta Bolaffi, 26.05.2011, lot 527)


“Dopo la proclamazione del Regno d’Italia – come scrive Michele Tocchi in “Panorama numismatico” n. 265 di settembre 2011 – infatti, la zecca fiorentina continuò a battere moneta, dedicandosi però esclusivamente alla monetazione cosiddetta ‘minuta’, cioè pezzi da 2 lire, lire e mezze lire, e al conio di medaglie richieste da soggetti committenti regionali in occasione di particolari eventi”. Con il Regio Decreto n. 326 del 9 novembre 1861, inoltre, fu stabilito che la coniazione di monete in oro, argento e bronzo fosse appannaggio esclusivo delle zecche di Torino, Milano e Napoli. “Il personale fiorentino, – prosegue Tocchi – gradualmente ridimensionato, rimase in carica principalmente per le attività di affinamento dei metalli; gli inventarii del fondo archivistico della zecca fiorentina si fermano agli estremi cronologici del 1862-1864, anno a cui risalgono gli ultimi registri, dedicati ormai esclusivamente ad una contabilità di liquidazione”. Fu così che neppure il raffinato omaggio numismatico tributato dalla zecca toscana a Vittorio Emanuele come re d’Italia sortì l’effetto di prolungare la storia di un’officina dalla quale erano usciti, per secoli, fiorini e rusponi, piastre e crazie.

002Medaglia di Luigi Gori in omaggio al medico che curò Garibaldi sull’Aspromonte (Ae, mm 43,00, g -)(source: web)


Per quanto riguarda l’autore dei conii, quel Luigi Gori nato a Firenze nel 1838 e che era stato allievo all’Accademia di Belle Arti di Firenze ed incisore della zecca granducale, lo ricordiamo per numerose monete e medaglie, tra le quali anche alcune della prima serie a nome della Repubblica di San Marino. Uomo di vasta cultura artistica, socio corrispondente delle Reale Accademia di Urbino e della Scuola di Arti decorative, è davvero notevole il numero di medaglie che, nei più disparati settori e per le più svariate occasioni, portano la sua firma, fra queste la coniazione per il VI centenario di Dante, una commemorazione di Galileo come pure, del 1863, una medaglia che i volontari dell’Aspromonte offrirono al medico Ferdinando Zanetti, che curò dalle ferite Garibaldi; al tempo, il Gori doveva aver già allentato – se non cessato – il suo impegno presso la zecca fiorentina, tanto è vero che su questa medaglia figura la scritta LAB. ROSSI E F.LLI GORI, mentre successivamente, circa dal 1869, su alcune medaglie figura anche la dizione LUIGI GORI E FIGLIO F. Miglior destino toccò al marchese Luigi Ridolfi di Montescudaio il quale proseguì nella sua attività di imprenditore nel settore agricolo ricoprendo varie cariche tra cui quelle di presidente dell’Accademia dei Georgofili e del Comizio Agrario di Firenze (entrambe dal 1871) per essere poi nominato, nel 1876, senatore del Regno, carica che mantenne fino alla morte avvenuta, nella sua villa fiorentina di Scandicci, nel 1909.