PICCOLA STORIA DI UNA GRANDE MONETA PAPALE: LA PIASTRA | 1

La nuova moneta andò ben presto a sostituire il denario, diffondendosi velocemente. A Roma abbiamo così per esempio il grosso di Clemente V (1305-1314) di 2,50 g e il grosso o carlino papale di Urbano V (1362-1370) di circa g 3. Il primo raffigura, al dritto, la mezza figura del Pontefice di fronte circondata dalla legenda CLEMENS PAPA QVINTVS e, al rovescio, una croce; intorno su due cerchi AGIM TIBI GRA OMNIPOTENS DE COMIT VENASINI (fig. 3). Il secondo, invece, presenta, al dritto, il Pontefice benedicente seduto sul trono con tiara e piviale e intorno la legenda VRBANVS PP QVINTVS e, al rovescio, le chiavi decussate e legate con la legenda SANCTVS PETRVS intorno (fig. 4). Dalla seconda metà del XIV secolo e soprattutto durante il XV secolo, i metalli preziosi cominciarono a scarseggiare e in particolare l’argento, a causa del progressivo esaurirsi delle vecchie miniere. Così, i vari regnanti europei impegnati in continue guerre, per far fronte alla crisi di liquidità, cominciarono a diminuire il titolo dell’argento nelle loro monete: anche il grosso o carlino cominciò a subire diversi alleggerimenti che lo deprezzarono sempre di più fino a diventare una moneta quasi di solo rame.

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Figura 3 (source: Biblioteca Apostolica Vaticana)


Dall’ultimo quarto del XV secolo si registrò un nuovo e significativo impulso alla circolazione monetaria: questo fu possibile innanzitutto grazie alla scoperta dell’America, e poi grazie anche all’introduzione di nuove tecniche di estrazione del metallo che permisero lo sfruttamento delle vecchie miniere; la scoperta di nuove nel Tirolo e nella Germania settentrionale; l’invenzione di mezzi più efficaci per battere moneta e in particolare l’utilizzo della pressa rotante, quella a vite o a cilindri o ancora il collare di controllo del conio che permetteva di battere monete perfettamente rotonde e rendeva difficile la tosatura.

4d 4rFigura 4 (source: Biblioteca Apostolica Vaticana)