Fior di fiorino

Per tre secoli la moneta d’oro di Firenze fu il “dollaro” del Medioevo, una valuta stabile e longeva, nella quale un intero continente ripose fiducia e che seppe sopravvivere e prosperare anche quando l’economia e il governo della città si trovarono in difficoltà

Il fiorino fu imitato da molte zecche italiane – tra cui quella dei Savoia e di Savona – e straniere, in Spagna, Francia, Germania, Austria, Polonia, Ungheria e Grecia

È compreso fra il 1352 e il 1533  il ciclo di vita di una delle monete più importanti della storia dell’Occidente: il fiorino d’oro di Firenze, valuta internazionale del passato soprannominata “il dollaro del Medioevo. Il suo successo fu il risultato di più fattori concomitanti: il basso rapporto di valore tra oro e argento che rese conveniente l’introduzione di una nuova moneta aurea, destinata ad apprezzarsi a suon di successive rivalutazioni dell’oro; la prodigiosa espansione commerciale vissuta da Firenze a metà del Duecento, grazie alle attività dei mercanti e dei banchieri toscani, che intrattenevano stretti rapporti con le altre piazze mercantili italiane ed europee ma che, pur senza essere marinai di lungo corso come veneziani e genovesi, si spinsero fino in regioni lontane, dove ricevevano come pagamento cospicue quantità d’oro in polvere (detto “oro di pagliola”).

Il fiorino dominò incontrastato la scena monetaria, rendendo inutile la coniazione di multipli e sottomultipli

In queste condizioni fu possibile coniare in grande quantità fiorini a un titolo di 24 carati (mille millesimi) del peso legale di 3,5 grammi: caratteristiche che rimasero inalterate fino al 1422, quando peso e diametro vennero leggermente aumentati in modo da rendere visibili eventuali tosature.

Dante collocò nell’Inferno l’orafo Adamo da Brescia, colpevole di aver falsificato i fiorini abbassandone il titolo da 24 a 21 carati guadagnando, nel cambio, un fiorino ogni otto. Nel Decameron di Boccaccio un uomo, che esigeva il pagamento di cinquecento fiorini per una notte d’amore con la propria bellissima sposa, fu ingannato ricevendo “popolini” d’argento che, ricoperti d’oro, potevano essere confusi con i fiorini.

Cambiò la misura, rimase però sempre identica l’iconografia: la moneta infatti mostra al diritto il giglio, simbolo di Firenze, e l’iscrizione Florentia  e al rovescio il patrono san Giovanni Battista, circondato dall’iscrizione S. Iohannes.

Dal 1530 il fiorino si vide affiancare lo scudo d’oro coniato sul modello dell’écu d’or au soleil francese che di lì a poco l’avrebbe soppiantato. Sopravvisse ancora  dopo il 1533, quando ne venne abbandonata la coniazione, restando in circolazione in Italia e nel resto d’Europa per molti decenni.