IL PROVISINO, DA MONETA STRANIERA A MONETA D’IMITAZIONE

Il denaro coniato dai conti di Provins rimase la moneta ufficiale di Roma fino all’ultimo quarto del XII secolo, quando il Senato romano, massima espressione delle istituzioni politiche comunali, decise di riaprire la zecca romana, probabilmente prendendo atto delle nuove esigenze di un’economia in ripresa. La nuova zecca coniò allora il cosiddetto “denaro provisino senatoriale”, modellato sul tipo del “denier provinois” per facilitarne la diffusione. È credibile che il Senato romano non abbia chiesto l’autorizzazione al papa, ma abbia riaperto la zecca con un decreto proprio; conseguentemente, il pontefice, non riconoscendogli alcuna autorità, riconobbe inizialmente come illegittima la nuova moneta. Le prime coniazioni senatoriali romane furono quindi emissioni comunali a tutti gli effetti, ma, già pochi anni dopo, nel 1188, con la firma della “Concordia” tra Innocenzo III e il Senato, il papa riacquistava il controllo della zecca al prezzo della cessione di un terzo degli utili al Comune. Con questo atto giuridico viene dunque ricostituita la zecca di Roma e inizia il corso legale del provisino senatoriale, rendendo quello di Champagne “vecchio”. Al ritorno della zecca sotto il controllo della Curia fu comunque deciso di lasciare immutate le caratteristiche tipologiche della moneta. Da quanto si evince dalla documentazione scritta, fino al 1190 e ancora negli anni 1212-13, il denaro di Provins è preferito nei pagamenti all’imitazione senatoriale romana, che inizialmente fatica a imporsi sul mercato. Fu proprio a causa della svalutazione del denaro francese che con la bolla “Cum ex paucitate” Innocenzo III (1198-1216) il 5 agosto 1208, ordinò, tra le altre cose, che nei commerci venisse utilizzata la moneta del Senato, proibendo al contempo l’uso del denaro di Provins, che venne definitivamente sostituito negli anni successivi. Il cambio ufficiale era fissato a sedici denari del Senato contro dodici di Champagne, mentre quello di “mercato”, documentato da una serie di fonti, era di diciotto a dodici.

004Denaro provisino coniato a Roma a nome del Senato (source: ArtCoinsRoma)

È ragionevole ipotizzare che i primi provisini del Senato fossero emessi a peso e titolo pressoché identici a quelli del prototipo, ma già nei primissimi anni, tra il 1187 e il 1190-91, subì una pesante svalutazione, che potrebbe ipoteticamente essere segnalata da un evidente cambiamento di tipo (sostituzione della Y con S nel lato con il pettine). Da altri tre documenti del 1194 si evince che il peso effettivo del nuovo provisino del Senato era del 4% inferiore all’altro. Il valore ridotto dei provisini del Senato rispetto agli originali, prima ancora della bolla di Innocenzo III (1208), causò ben presto la progressiva sparizione dall’area romana dei provisini di Champagne. I denari provisini romani portano sul dritto la legenda SENATUS. P. Q. R. senza crocetta e nella stessa posizione della legenda dei provisini di Champagne, e una croce accantonata da segni variabili, degenerazioni di alfa e omega (mezzaluna rovesciata, bisante o stella in posizioni diverse); sul rovescio è invece presente la scritta ROMA CAPVT MVN[di], sempre senza crocetta, nella stessa posizione della legenda del dritto, e nel campo un “pettine” con sopra una S riferita a “Senatus” fiancheggiata da simboli diversi (stella e mezzaluna rovesciata in posizioni diverse o mezzelune rovesciate). Se la dichiarazione dell’autorità emittente è presente in entrambe le emissioni al dritto, il pettine del rovescio perde, nell’imitazione romana, il significato esplicativo della zecca di provenienza, divenendo un semplice simbolo ereditato dall’originale.

005Grosso senatoriale anonimo di metà XIII secolo (source: ArtCoinsRoma)


I provisini continuarono a essere battuti in nome del Senato e con gli stessi tipi per circa due secoli. Il tipo del pettine cessò sotto il pontificato di Eugenio IV (1431-1447), con la riforma monetaria introdotta da questo papa. I provisini senatoriali più antichi sono quelli dal valore intrinseco e dal peso maggiori. Una parte di questi, probabilmente quelli coniati prima del 1188, sono talmente mal tagliati che risultano quadrangolari; anche la coniazione non è di qualità, tanto che a stento si riesce a individuare qualche lettera delle epigrafi. Nelle emissioni successive si riscontra una maggiore accuratezza nella coniazione, tuttavia non pari a quella dei provisini di Champagne. Nel documento del 1195 di Cecio Camerario si evince che il denaro provisino senatoriale in quell’anno avrebbe dovuto corrispondere al valore intrinseco di g 0,356929 d’argento fino; è probabile che tale valore rimase invariato fino alla metà del XIII secolo. In quel periodo, poi, il provisino senatoriale divenne ausiliario della nuova moneta d’oro e d’argento e uniformato alla “moneta grossa d’argento” prima, e al “buon fiorino d’oro” poi, nominali che iniziò a coniare anche la zecca di Roma.

006Ducato al tipo di Venezia coniato a nome del Senato Romano nel XIV-XV secolo (source: Numismatica Ars Classica)


Sotto Carlo d’Angiò, senatore di Roma, il denaro provisino ebbe successivi abbassamenti nel valore intrinseco. I deterioramenti colpivano non solo la lega, ma anche il peso; così se nel 1271 il cambio del fiorino d’oro era a quattordici soldi, sette denari provisini del Senato e 175 denari, nel 1302 ci volevano trenta e trentaquattro soldi, nel 1403 sessantasette soldi e otto denari. A causa di ulteriori svalutazioni, nel corso del XV secolo Roma cessò di coniare denari provisini senatoriali, che però continuarono a circolare nella nuova moneta del “quattrino”, così denominata perché valeva quattro denari provisini. Rimase ancora per più di un secolo valuta di conto: sappiamo che nel 1540 un fiorino o un ducato d’oro sarebbero valsi 1760 denari provisini. Il provisino non riuscì tuttavia a imporsi in modo massiccio a Nord oltre la Sabina, probabilmente a causa della forza di penetrazione delle specie monetarie toscane; più a est si diffuse, invece, sin dagli inizi in Abruzzo Ultra, in particolare nell’Aquilano dove verrà in seguito imitato.