DALLA MONETA DI NAPOLI ALLA LIRA: VICENDE MONETARIE IN MERIDIONE | 2

La tavola allegata al Decreto riporta per l’ex Regno borbonico l’abolizione delle sole monete in oro e, per l’esattezza, “l’oncia di Napoli di 3 ducati dopo il 1818” e “l’oncia di Sicilia dopo il 1748” ragguagliate entrambe a 12 lire e 75 centesimi. Un’avvertenza posta in calce alla tavola informa il lettore che “i multipli e summultipli delle dette monete son valutati in proporzione. La tolleranza di calo non può essere maggiore di 53 milligrammi (un grano) per ogni moneta”.

La previsione della cessazione del corso legale delle valute auree non decimali borboniche appare tuttavia pleonastica, atteso che, come si è ripetutamente riportato, esse non ebbero mai tale prerogativa riconosciuta dalla legislazione del Regno delle Due Sicilie. Il Decreto n. 1880 nulla dispone invece in merito alle antiche valute d’argento borboniche, che dunque continuano ad avere corso legale nelle Province meridionali ed in Sicilia.

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Frattanto, il Regio Decreto 17 settembre 1868 n. 4603 ordina la cessazione del corso legale in tutto il Regno delle monete a sistema decimale d’argento, del titolo di 900 millesimi, di conio italiano, francese, belga e svizzero da lire 2, 1, 0,50, 0,25 e 0,20. Tale disposizione porrà quindi fuori corso gli spezzati decimali in argento (ma non ancora lo scudo da lire 5), battuti a nome di Gioacchino Napoleone, che a seguito del Regio Decreto n. 123 del 1861 avevano avuto nuovamente corso legale non solo negli ex dominii borbonici ma in tutto il Regno d’Italia. Ed eccoci al definitivo tramonto della monetazione borbonica. Mentre con il Regio Decreto 17 febbraio 1870, n. 5527 si disponeva la chiusura della gloriosa zecca di Napoli, il tramonto definitivo della monetazione borbonica avrà inizio solo a seguito del Regio Decreto 1° ottobre 1885, n. 3370, con cui viene ordinata la cessazione del corso legale nel Regno delle monete d’oro e d’argento di conio borbonico e pontificio.

Detto Decreto, all’art. 1 stabilisce che “a partire dal 16 ottobre 1885 cesseranno di avere corso legale nel Regno le monete d’oro e di argento di conio borbonico a sistema non decimale […] descritte nella tabella Allegato A. Per conseguenza, dal giorno stesso in poi le monete sopraindicate dovranno essere ricusate nei versamenti da tutte le Casse pubbliche del Regno e potranno venire ricusate anche fra privati e privati”. L’art. 2 stabilisce invece le modalità del cambio delle suddette valute, prevedendo che “dal 16 ottobre a tutto dicembre 1885 le monete anzidette saranno cambiate in valuta avente corso legale presso gli infraindicati uffizi, cioè: quelle di conio borbonico presso le tesorerie provinciali di Aquila, Avellino, Bari, Benevento, Capobasso, Caserta, Catanzaro, Chieti, Cosenza, Foggia, Lecce, Napoli, Potenza, Salerno, Teramo, Caltanisetta, Catania, Girgenti, Messina, Palermo, Siracusa e Trapani.”