PAROLE E MONETE: “MEGLIO VIVERE
UN GIORNO DA LEONE…”

(di Roberto Ganganelli) | Questa volta, la nostra rubrica dedicata a motti, legende e imprese sulle monete italiane non si soffermerà su classiche epigrafi in latino o su sigle dal misterioso significato, bensì su un’iscrizione in italiano che è entrata a far parte della storia stessa del nostro paese nel XX secolo. Sono le parole che, incise sulla scure del fascio littorio, ricordano il decennale della vittoria italiana nella Grande Guerra sulle celebri 20 lire in argento tipo Elmetto o Cappellone coniate a nome di re Vittorio Emanuele III (titolo 600 millesimi, mm 35,50, g 20,00). Di questa moneta sono noti esemplari di prova in argento ed alcune altre prove, rarissime, in oro dette “dei marescialli” (titolo 900 millesimi, mm 35,50, g 32,25) che furono offerte al re, ai marescialli d’Italia e ad alcune alte personalità; su tutte queste prove l’iscrizione è su sette righe anziché su sei, ed inoltre della moneta esistono altre prove con rovesci leggermente differenzi, senza la legenda qui descritta e con altri dettagli che ne permettono l’identificazione come esemplari preliminari alla produzione di serie, che fu di 3.536.250 esemplari.

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Fascio littorio da un’incisione del volume di Pericle Ducati “Origine e attributi del fascio littorio”, Bologna 1927 (source: archive)


Realizzata su modelli di Giuseppe Romagnoli e su conii incisi da Attilio Silvio Motti, la 20 Elemtto o Cappellone raffigura al dritto il re in uniforme militare – colletto con stelletta a cinque punte ed elmetto tipo Adrian, come quelli usati dal Regio Esercito nella I Guerra Mondiale – e la dizone VII. EM. III. RE.; dietro la nuca del sovrano, lungo il bordo, in caratteri piccoli i nomi G. ROMAGNOLI | A. MOTTI INC. Al rovescio il fascio littorio con protome leonina, rivolto a destra con, a sinistra, il valore e il segno di zecca (L. | 20 | R) e destra, in cerchio, ITALIA; sulla scure del fascio la legenda MEGLIO . | VIVERE . UN . | GIORNO . DA . | LEONE . CHE . | CENTO . ANNI . | DA . PECO | RA (tilde). In alto sul fascio MXMXVIII e in basso MCMXXVII | A. VI. Il taglio della moneta è rigato.

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Esemplare di moneta da 20 lire tipo Elmetto o Cappellone con al rovescio il motto attribuito al “Fante del Piave” (source: archive)


La legenda, indica Mario Traina ne “Il linguaggio delle monete”: Riprende l’iscrizione attribuita all’ignoto ‘Fante del Piave’. Era ancora leggibile, insieme all’altra ‘Tutti eroi, o il Piave o tutti accoppati’, sui ruderi del paese di Fagarè (ora Fagarè della Battaglia, frazione del comune di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso, Ndr) quando il 24 maggio 1920 vi si inaugurò il monumento ai caduti nell’eroica resistenza sul Piave. A chi dubitava della autenticità dell’iscrizione, il capitano Antonio Fazio testimoniò il 2 luglio 1926 che a scriverla era stato il capitano Vincenzo Marchese dell’XI Reparto d’assalto, caduto pochi giorni dopo la battaglia del Piave”. E ancora “Si veda il proverbio napoletano ‘Meglio toro due anni che bove cento anni’ citato da Benedetto Croce nella ‘Storia del Regno di Napoli’”.

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Una delle rarissime 20 lire Elmetto ORO – PROVA del 1928 dette “dei marescialli” con legenda al rovescio su sei righe (source: Numismatik Lanz)


Tuttavia, secondo il “Secolo d’Italia”, ne fu invece autore Ignazio Pisciotta, mutilato nel 1911 e ufficiale nella I Guerra Mondiale, che poi divenne generale dei bersaglieri. Nel “Corriere della sera” del 31 luglio 1918, nella sua corrispondenza di guerra, Arnaldo Fraccaroli scrive (con una riformulazione personale della frase reale): “Ritroviamo sulle case qui intorno – sui ruderi delle case – le scritte fatidiche tracciate dai soldati a rapidi colpi di pennello nei primi giorni della resistenza, le scritte portentose che il fuoco nemico ha morso rabbiosamente: ‘Tutti eroi! O il Piave, o tutti accoppati!’ E ancòra ‘E’ meglio vivere un’ora da leone che cento anni da pecora!’ Giuramenti che furono tenuti. Con queste scritte, le umili case martoriate hanno una sacra maestà di tempio”.

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Evidentemente ispirata alle 20 lire Elmetto, questa copertina di “Giornate di guerra del re soldato” di Vittorio Solaro Del Borgo, Milano 1931 (source: archive)


Il “Corriere della sera” del 19 febbraio 1958 cita invece na lettera al “Giornale d’Italia” del generale Furio Monticelli, presidente del Museo storico dei bersaglieri, in cui si precisa che la frase era nota già prima della Grande Guerra. Riandando ai primi anni della sua vita militare, ricorda che nella caserma di Caprera, in cui era in servizio nel 1910, “il suo comandante di battaglione, ten. col. Giovanni Maggiotto, nome ben noto ai vecchi bersaglieri per la sua eccentricità e per il suo spirito bersaglieresco, fece scrivere sulle pareti delle casermette molte massime – non tutte di sua creazione”.

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Foto d’epoca che mostra una delle iscrizioni tracciate dai soldati sui ruderi delle case sul Piave (source: web)


Tornando ancora indietro nel tempo, nel volume “Il Risorgimento italiano. Biografie storico-politiche d’illustri italiani contemporanei” (a cura di Leone Carpi, vol. II, Vallardi, Milano 1886), a p. 241 leggiamo: “Meglio vale vivere un giorno come un leone, che cento anni come pecora”. Le prime attestazioni di quello che divenne uno degli slogan del Ventennio, dunque, risalgono in realtà all’ambito risorgimentale; poi, evidentemente, la frase è stata mutuata come slogan nell’ambiente militare, con punte di “notorietà” nel corso della I Guerra Mondiale, e poi è stata “riciclata” da Benito Mussolini, grande comunicatore, che diede al motto la maggior risonanza possibile, tanto da farlo imprimere anche in moneta.