PAROLE E MONETE: QUELL’ANTICO GIUBILEO “A PUBBLICO VANTAGGIO”

(di Roberto Ganganelli) | Da quell’autentica miniera di informazioni storiche e numismatiche che è il volume di Mario Traina “Il linguaggio delle monete”, approssimandosi l’apertura del Giubileo straordinario della misericordia indetto da papa Francesco estrapoliamo, oggi, la legenda che appare su alcune monete giubilari di tanto tempo fa, fatte coniare da un altro Francesco – papa Sisto IV Della Rovere, 1471-1484 – e che ci riportano ad un Anno Santo, quello del 1475, che ebbe grande importanza nella storia della Chiesa e di Roma. Il motto PVBLICAE VTILITATI (noto anche in varianti talvolta scorrette, come PVBLICAE VITILITATTI, PVBLICAE VVTILITITI e PVBLICE VITILITATI) ricorre infatti sui grossi e doppi grossi in argento dell’epoca coniati a Roma e sui grossi della zecca di Macerata.

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Papa Sisto IV ritratto da Melozzo da Forlì nel 1477 (source: Wikipedia)


Un fiero ritratto a sinistra del pontefice – per la prima volta nella storia – campeggia sul dritto di queste monete, probabilmente bulinato dalla mano del grande Emiliano Orfini da Foligno, in abbinamento allo stemma ottagonale sormontato da chiavi e tiara al rovescio e la legenda che lo circonda, il cui significato è “A pubblico vantaggio” ricorda – scrive Traina – “i grandi lavori urbanistici e di abbellimento di Roma fatti eseguire da Sisto IV in previsione dell’Anno Santo 1475”. “Oltre alle altre innumerevoli cure – scriveva Sisto IV il 14 dicembre 1473 al commissario pontificio di Roma – pure noi dobbiamo avere a cuore la nettezza e la bellezza della nostra città, che è a capo del mondo e che per ragione della Cattedra di San Pietro tiene sopra tutte le altre il primato”.

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Un raro esemplare in alta conservazione del doppio grosso con ritratto del pontefice e motto PVBLICAE VTILITATI (source: Numismatica Ars Classica)


Nella bolla d’indizione del Giubileo il pontefice manifestava del resto in modo esplicito il proposito di “rinnovare tutta Roma”. In particolare Sisto IV, per la comodità dei pellegrini, fece riedificare dalle fondamenta il ponte da lungo tempo rovinato e per questo chiamato il “Ponte rotto” e da allora detto “Ponte Sisto”; altra opera pubblica di grande importanza fu il restauro del condotto dell’Acqua Vergine che si era ostruito e che fu prolungato dal Quirinale fino alla Fontana di Trevi. Ingenti spese furono sostenute per restaurare le principali chiese (“Non vi fu cappella in tutta Roma – riporta Sigismondo de’ Conti – che il papa non abbia rimesso a nuovo nell’anno giubilare”). Fece restaurare anche l’Ospedale di Santo Spirito e lastricare le vie principali della città.

Sono passati, da allora, oltre cinque secoli e Roma si accinge ad ospitare l’ennesimo Anno Santo tra l’attesa dei fedeli e quel misto di curiosa partecipazione e qualche mugugno che, da sempre, contraddistingue il popolo romano di fronte a simili eventi. E se l’evento non sta rivoluzionando la Città Eterna, come nel 1475, sotto il profilo delle opere pubbliche, è altrettanto certo più d’uno ha tratto e trarrà “vantaggio”, in termini materiali più che spirituali, dall’apertura della Porta Santa…