PAROLE E MONETE:
“MI SAZIERO’ DELLA TUA GLORIA”

(di Roberto Ganganelli) | Quando Emilio Bonaventura Altieri, il 29 aprile del 1670, venne eletto papa, era cardinale da pochissimi mesi (il suo predecessore, Clemente IX, gli aveva importo la porpora solo il 3 dicembre dell’anno prima) e, in ragione della veneranda età – era nato, infatti, nel 1590 da una nobile e antica famiglia romana – non nutriva né particolari ambizioni né grandi speranze di ascendere al soglio di Pietro. D’altra parte, il Conclave dei 59 cardinali non era mai riuscito, nel corso di estenuanti trattative, a convergere su un candidato forte e così, alla quarantaduesima votazione, l’Altieri aveva ottenuto 56 preferenze ed era stato “costretto” ad accettare divenendo il 239° pontefice della Chiesa di Roma.

001

Un bell’esemplare del testone che ritrae Clemente X in preghiera (source: Numismatica Ars Classica)


Tra le monete più conosciute dell’anziano papa – nessuno è mai più stato eletto pontefice ad una tale veneranda età – figura un testone in argento senza data coniato dalla zecca di Roma che al dritto mostra lo stemma (in termini araldici, “D’azzurro, a sei stelle di otto raggi d’argento, alla bordura dentata del primo e del secondo”) con chiavi e tiara e legenda CLEMENS . X . | PONT. MAX. e, al dritto, una “mistica” raffigurazione nella quale papa Altieri, a capo scoperto e con paramenti solenni, appare inginocchiato in preghiera, con la tiara ai suoi piedi. In alto, il volto del Padre Eterno con triangolo che appare tra nubi e raggi e la legenda SATIABOR GLORIA TVA. Legenda che Mario Traina, ne “Il linguaggio delle monete”, spiega come derivata dal Salmo 16 (versetto 15) che reciuta “Satiabor cum apparuerit gloria tua” (“Mi sazierò quando apparirà la tua gloria”).

Secondo Francesco Muntoni, che cataloga questo bel testone al n. 29 del suo repertorio, la legenda allude “alla resistenza opposta dal pontefice nell’accettare la tiara”: l’Altieri, infatti, invano con le lacrime agli occhi scongiurò i cardinali di sollevarlo dal grave peso. Ma è più probabile – sottolinea Traina – che l’iscrizione alluda al motto assunto dal pontefice: “Iesu, tibi sit gloria”.