IL CASO “PINK LADY”: SVENTATA TRUFFA
CON TITOLI STORICI MESSICANI

(di Alex Witula) | Il 7 di novembre 2016 si è tenuta, davanti al Tribunale collegiale di Pescara, la seconda udienza del processo scaturito da un’un indagine del 2013, condotta dalla Squadra Mobile della città abruzzese, che sventò il tentativo di attuazione di una mega truffa ai danni dello IOR, la banca del Vaticano, tramite la fondazione pescarese Ivec (“In Veritate et Charitate”). I sei imputati, accusati di associazione a delinquere, a parte una commercialista di Bari, sono di nazionalità argentina e messicana. Al centro delle accuse: la donazione di titoli fuori corso messicani spacciati per milionari per un valore complessivo di 900 milioni di dollari.

La truffa, secono il pubblico ministero, si basava su un procedimento utilizzato nell’alta finanza, i cosiddetti “programmi ad alto rendimento”, forme di investimento che consentono a chi è in possesso di patrimoni milionari di ottenere in brevissimo tempo rendite bancarie elevatissime. L’organizzazione avrebbe puntato ad ottenere, grazie al patrimonio milionario che sarebbe stato lasciato in garanzia, rendite cospicue, facendo credere al presidente della fondazione, un ex vescovo di Pescara, che le risorse sarebbero state impiegate per opere benefiche come la costruzione di un ospedale pediatrico a Gerico, in Palestina. A “comprovare” il tutto, alcuni certificati – come detto, fuori corso – interessanti, al massimo, per il mercato della scripofilia