DOSSIER SPECIALE: “SPICCIOLI DI PARADISO”.
LA PORTA SANTA IN MONETA, TRA FEDE E PROPAGANDA

(di Roberto Ganganelli) | L’Anno Santo della Misericordia ha portato, fra le altre iniziative editoriali, alla pubblicazione di un volume dal titolo “La Porta Santa tra storia, medaglie e modernità”. Un’opera edita da Editalia e firmata da Giancarlo Alteri, Vittorio Lanzani e Lucetta Scaraffia che, oltre ad essere una tipica “edizione di pregio” rappresenta un compendio di studi organico su uno dei fenomeni religiosi e sociali – peraltro, con marcati risvolti artistici ed economici – vissuti dall’Europa, e in seguito da tutto il mondo cristiano, a partire dal 1300. Un fenomeno, quello degli Anni Santi, che le cronache hanno narrato “in diretta” e su cui molti studiosi hanno condotto ponderosi dai più diversi punti di vista.

Nell’agosto 2013 padre Antonio Spadaro ha intervistato papa Francesco. Il testo dell’intervista è stato diffuso da “La Civiltà Cattolica”, da altre riviste all’estero e pubblicato in volume con il titolo “La mia porta è sempre aperta”. Una porta religiosa e profondamente umana, quella lasciata aperta da sua santità, e che nel Giubileo della Misericordia ha trovato un forte legame simbolico e materiale nella Porta Santa che i credenti hanno varcato spiritualmente e concretamente – nelle basiliche romane come negli altri luoghi di culto deputati a ciò, sparsi nel mondo – onorando un rito plurisecolare che è, soprattutto, una svolta personale nel segno di una fede rinnovata.

Un tempo, il Giubileo e i suoi riti, la presenza fisica delle Porte Sante in particolare, erano appannaggio esclusivo della città di Roma, capitale della Cristianità, nei luoghi cardine delle quattro basiliche pontificie maggiori accedendo alle quali – in osservanza agli obblighi e ai riti stabiliti – si poteva lucrare l’indulgenza plenaria. Le medaglie – grazie alle ricerche di Giancarlo Alteri – ci svelano così l’origine, il cerimoniale e il significato simbolico della Porta Santa attraverso coniazioni ricche di ritratti, architetture di culto e commemorative, vere e proprie “istantanee” delle cerimonie di apertura e chiusura, senza contare la miriade di richiami storici, sociali, iconografici, religiosi ed araldici.

Marco De Guzzis, amministratore delegato di Editalia, ricorda nella prefazione all’opera che la Porta Santa è “Una porta metafora di Cristo stesso, come si legge nel Vangelo di Giovanni: ‘Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo’ (Gv 10,9)”. Oltre alle medaglie, come dato conto in dettaglio nell’opera, a commemorare e a far memoria dei Giubilei state tuttavia anche moltissime monete. Monete di tutti i tipi e di tutti i metalli, dalle doppie e scudi in oro alle piastre, ai testoni in argento fino ai “miseri” baiocchi e quattrini in rame che circolavano nelle tasche di tutti, anche dei più poveri. Su queste monete a campeggiare – ripetuta milioni di volte, con declinazioni ed elementi secondari differenti e significativi – è proprio la Porta Santa, oggetto icona e, al tempo stesso, tornando a Giovanni, formidabile rappresentazione simbolica del Salvatore e della salvezza stessa.

Quella porta è Cristo stesso e ognuno de milioni di individui che, nei secoli, ha ricevuto, speso, conservato una moneta giubilare ha così recepito un messaggio di grande potenza e significato. A differenza della medaglia – che, specie se in metallo prezioso, era riservata a personaggi di alto rango, prelati e diplomatici, o comunque ad individui facoltosi – la moneta è stata infatti, assieme alla medaglietta devozionale di piccolo formato, uno dei manufatti più diffusi in relazione agli Anni Santi.

Giancarlo Alteri ci parla, nel volume, dei Giubilei senza Porta Santa e senza monete celebrative vere e proprie né medaglie (se escludiamo alcuni elementi simbolici, approfonditi nel testo, o le medaglie di restituzione); da un certo momento in poi, invece, sia le medaglie che le monete diventano una costante per celebrare questi eventi epocali della Cristianità “in diretta” e ciò si ravvisa per le medaglie dalla seconda metà del XV secolo e per le monete dall’inizio del XVI secolo. Dal Giubileo 1550 in poi, addirittura, nella serie delle monete al tipo della Porta Santa non vi è quasi soluzione di continuità fino al 1775. Nelle monete vaticane post Conciliazione, il fenomeno si ripete quasi costantemente fino al Grande Giubileo del 2000.

Dal punto di vista iconografico e simbolico possiamo suddividere le monete papali al tipo della Porta Santa in alcune categorie a seconda della struttura della scena, dei suoi elementi secondari, delle legende e degli ornamenti della Porta Santa stessa. Ecco alcuni esempi.

Porta Santa come simbolo dell’indizione del Giubileo | Poche monete fanno riferimento all’indizione di un Anno Santo utilizzando il simbolo della porta: tra queste la doppia in oro di Innocenzo XII Pignatelli del 1699 in cui la discesa della colomba dello Spirito Santo, raggiante, sembra quasi apprestarsi – con l’indizione e la successiva celebrazione giubilare – a “cancellare” il muro che chiude la porta dall’alto verso il basso e ad aprire una nuova via per la salvezza. La legenda abbreviata APERIET DOMINVS THESAVRVM SVVM (“Il Signore aprirà il suo tesoro”, Deuteronomio, 28,12) è quanto mai allusiva.

Apertura della Porta Santa da parte del papa | Come invece ha già sottolineato la dottoressa Giampiccolo, questa moneta – io vi mostro il quarto di ducato in argento – questa è una delle più belle di tutta la monetazione pontificia e fu opera dal vicentino Valerio Belli. E’ il 1525, regnante Clemente VII Medici, e il Sacco di Roma sarebbe giunto di lì a un paio d’anni. Al dritto il presepe; al rovescio, come detto, per la prima volta la scena del pontefice che apre la Porta Santa e contemporaneamente san Pietro in Cielo apre un’altra piccola Porta Santa la porta che immette alla grazia di Dio. La legenda latina ci ricorda appunto che PORTAE COELI APERTAE SVNT, “La porta del Cielo è aperta”.

La Porta Santa aperta con Veronica | Le devastazioni del Sacco di Roma, con distruzione e sottrazione di preziose reliquie – senza contare la strage di vite umane – ci conducono agli scudi in oro e ai testoni in argento emessi da papa Urbano VIII Barberini un secolo più tardi, Anno Santo 1625, su cui al centro della Porta Santa aperta campeggia la Veronica, ossia il sacro velo con impresso il volto del Cristo. Dopo il 1527, alcuni scrittori riferirono che il velo era stato distrutto: altri che la Veronica fu rubata e passata per le taverne di Roma, mentre altri ancora testimoniano della continuità della sua presenza nel Vaticano. Da notare una delle legende più ricorrenti sulle monete di Anno Santo, IVSTI INTRABVNT PER EAM, mentre sullo scudo d’oro si legge un’iscrizione diversa, abbreviata, che sta per QVI INGREDITVR SINE MACVLA (“Chi cammina senza peccato”, Salmi 14, 2) che si ritrova anche su giuli, grossi e mezzi grossi, mezzi baiocchi e quattrini con, in abbinamento alla Porta Santa, svariati simboli (cherubini, la Madonna col Bambino, la colomba raggiante che poi vedremo).

La Porta Santa aperta con la Vergine e il Bambino | Una tipologia unica e speciale di moneta d’Anno Santo è il giulio su cui, invece, papa Gregorio XIII Boncompagni – nel 1575 – omettendo sia il proprio ritratto che lo stemma, alla Porta Santa aperta abbina un’elegante composizione della Madonna che bacia Gesù Bambino, al motto di VIRGO TVA GLORIA PARTVS.

Porta Santa aperta con Veronica e Madonna col Bambino | Innocenzo X raggruppa le due simbologie anzi dette in una bellissima piastra, di gusto e finezza davvero medaglistiche, emessa per l’Anno Santo 1650 dove la Vergine e il Bimbo adornano il timpano della Porta Santa, mentre la Veronica campeggia al centro.

La Porta Santa aperta con altri simboli | Tornando alle simbologie più rare presenti all’interno delle porte sante in moneta, pressoché unica risulta la presenza del triangolo raggiante – simbolo della divinità – che si riscontra ad esempio su questo baiocco in rame coniato dalla zecca periferica di Ravenna nel 1750, sotto papa Benedetto XIV Lambertini. La qualità artistica della moneta non è eccellente, d’accordo, ma del resto – come già detto – anche gli spiccioli servivano come testimonianza degli Anni Santi circolando in tutto lo Stato Pontificio e fra tutta la popolazione. Notate come la moneta non riporti legende se non un’abbreviazione del riferimento all’Anno Santo e la data, nemmeno il nome del pontefice.

In altri casi sono i soli raggi provenienti dall’alto dei cieli, o i raggi uscenti da una nube a simboleggiare l’effusione della grazia divina e dello Spirito Santo sui pellegrini, ripagandone le fatiche del lungo viaggio, l’adempimento dei riti e, soprattutto, la reale conversione interiore. Altre volte le nuvole sono poste sotto i raggi, a indicare la provenienza celeste, oltre ogni limite concepibile dall’uomo, della grazia di Dio.

La Porta Santa aperta, con pellegrini | Abbiamo fatto cenno ai pellegrini, che sono in fondo i veri protagonisti degli Anni Santi, quei credenti che a decine di migliaia si riversavano a Roma e per i quali – oltre che, indubbiamente, per le casse degli abitanti dell’Urbe e quelle della Chiesa – i Giubilei erano concepiti. Alcune monete li raffigurano, in pochi o in corteo, attraversare la Porta Santa, genuflettersi, pregare.

Dall’abilità degli incisori pontifici nascono così scene animate di grande suggestione, come sui testoni di Clemente X Altieri del 1675, o altre dalla profonda essenzialità, come nello scudo d’oro di Benedetto XIII Orsini del 1725. Vi prego di notare il pellegrino inginocchiato sulla soglia, il bastone poggiato a terra e le mani giunte protese verso la Porta Santa da cui discendono i raggi della grazia divina. Una moneta, come il testone che ora vi sto mostrando, nata dal bulino del ben noto Ermenegildo Hamerani, citato spesso – assieme agli altri artisti membri della sua famiglia – nell’opera che oggi presentiamo.

La Porta Santa aperta “generica”, con data | La Porta Santa compare molto spesso, sulle monete papali, in forma anche per così dire iconica, simbolica, variamente elaborata nella forma del timpano, nei decori architettonici, nella foggia delle colonne e dei fregi, a contenere al suo interno la sola data dell’Anno Santo. Le porte più particolari, e meno realistiche, non a caso vengono realizzate dagli incisori delle officine secondarie come Ancona. Notate la differenza tra i due testoni del 1575 per Roma e per il capoluogo marchigiano e notate anche, in basso, il raro testone del 1600 per Paolo V Borghese con al dritto il pontefice in preghiera con legenda abbreviata AVDI DOMINE ET MISERERE (“Ascolta, Signore, e abbi pietà”, Baruch, 3, 2); al rovescio HAEC PORTA DOMINI e Porta Santa aperta. Il pontefice, dunque, come primo fra i pellegrini del Giubileo e non solo come pastore del gregge di Cristo.

La Porta Santa aperta con cherubini | Una delle più complesse, artistiche ed equilibrate – oltre che rare – monete al tipo della Porta Santa è tuttavia la piastra dell’anno 1700 a nome di Innocenzo XII Pignatelli che, a causa della morte sopravvenuta il 27 settembre, non poté chiudere la Porta Santa che aveva aperto mesi prima, compito che spettò invece al successore Clemente XI Albani. Nella moneta, ai lati delle due colonne sono incisi due eleganti cherubini che, al suono delle trombe, annunciano la salvezza simboleggiata anche dai raggi all’interno della vano della porta stessa. Un’opera di grande qualità incisoria, non a caso firmata dal medaglista Ferdinand de Saint Urbain.

La Porta Santa chiusa, semplice, con i santi Pietro e Paolo, con mattoni e croce o con mattoni, croce e colomba raggiante | Ed eccoci giunti alla conclusione di questo nostro excursus dedicato alla Porta Santa sulle monete papali. Come sapete, al termine di ogni Giubileo, la porta viene chiusa con una cerimonia solenne quanto quella dell’apertura. Papa Francesco lo ha fatto il 20 novembre 2016 in San Pietro, come tanti altri pontefici prima di lui, dal 1300 in poi.

La porta resterà murata e chiusa fino al prossimo Giubileo. Così come chiusa, o murata, ma sempre profondamente simbolica, appare su tante monete pontificie a partire proprio da quel 1525 citato in apertura, con un altro bellissimo quarto di ducato su cui al ritratto a capo scoperto del papa si abbina la Porta Santa chiusa, con semplici pannelli a losanghe, non certo elaborata e artistica come quella del maestro Consorti illustrata nel volume. Significativa la legenda in esergo, riferita all’Anno Santo ormai trascorso, IVSTI INTRARVNT PER EAM.

Distanti tre quarti di secolo, il mezzo grosso del 1650 a nome di Clemente VIII Aldobrandini e la maestosa piastra di Clemente X Altieri del 1675 esprimono un unico concetto: l’una semplice, l’altra elaborata e con le figure di san Pietro e san Paolo, accomunate dal mattonato della porta chiusa e dalla croce. Allo stesso modo la doppia in oro di Clemente XI Albani del 1700 e il mezzo grosso in argento, salvo minime differenze, ricordano la fine dei rispettivi Giubilei e chiudono questa nostro excursus tra le monete giubilari dei secoli passati.