PAROLE E MONETE: “PERCHE’ HAI DUBITATO?” 

(di Roberto Ganganelli) | Seimila euro di base d’asta: tanti se ne merita – a parere degli estensori del catalogo d’asta Nomisma n. 55 (4-5 aprile 2017) – un doppio carlino a nome di papa Clemente VII (1523-1534) classificato da Francesco Muntoni al n. 43 del suo catalogo e la cui incisione dei conii è attribuita con certezza alla mano ineguagliabile di Benvenuto Cellini (1500-1571). Una moneta in argento (l’esemplare qui citato pesa g 5,47 e misura mm 23 circa di diametro) sul cui dritto appare un bellissimo ritratto di papa Medici rivolto a sinistra con legenda CLEMENS . VII . PONT . MAX e, sul rovescio, Gesù che camminando sulle acque trae in salvo san Pietro dai flutti. In cerchio la legenda QVARE DVBITASTI tratta dal vangelo di Matteo (14, 31), che rappresenta la domanda fatta dal Salvatore all’apostolo il quale, non solo in questo caso, vedrà messa alla prova la propria fede.

Il dritto del doppio carlino (o giulio e mezzo?) in argento battuto con conii bulinati da Benvenuto Cellini per Clemente VII (source: Nomisma)


Esemplare eccezionale per il tipo di moneta, giudicato in conservazione Spl dagli estensori del catalogo Nomisma n. 55, il doppio carlino presenta, oltre alla citazione evangelica, caratteristiche interessanti che gli fanno meritare un approfondimento. Vi è intanto la definizione del nominale che, stando al valore di spendita noto in 15 baiocchi, permetterebbe di definire l’esemplare non come carlino bensì come un giulio e mezzo (secondo quanto riporta Mario Traina ne “Il linguaggio delle monete”). Inoltre, è da notare grazie all’eccezionale conservazione come sul piviale del papa siano ben leggibili, entro due cornici rettangolari, sulla spalla la figura di san Paolo con la spada al fianco, sotto quella di san Pietro con le chiavi e, sul razionale appoggiato sul petto, il volto frontale del Cristo.

Gesù salva san Pietro dalle acque sul rovescio della moneta, uno dei capolavori numismatici del Cinquecento italiano (source: Nomisma)


Due ulteriori simboli possono tuttavia essere evidenziati sulla moneta: al rovescio, dietro la nuca di san Pietro, due zampe di leone incrociate simbolo dello zecchiere Giacomo Balducci (attivo anche sotto Paolo III) e al dritto, prima dell’inizio della legenda, quella che Muntoni interpreta come una piccola fronda di tre rametti, uno centrale e due laterali, ciascuno con tre foglie, senza attribuirle alcun significato o lettura particolari.

Di certo, non si tratta di un allusione ai gigli presenti nel bisante superiore dello stemma di papa Medici: troppo rozzo lo stile, specie per un bulino come quello del Cellini, senza contare l’errata disposizione; un tentativo di interpretazione potrebbe venire, invece, considerando i tre supposti “rametti” non come tali bensì come fiamme che si dipartono da una sfera richiamando, in tal modo, l’impresa personale di Clemente VII alla quale di accompagna il motto CANDOR ILLAESUS (“Luce senza macchia”) e che troviamo effigiata, ad esempio, sul pavimento di una delle sale di Palazzo Vecchio a Firenze.

A sinistra, impresa di Clemente VII tratta da Girolamo Ruscelli, “Imprese illustri”, 1584; a destra il dettaglio del dritto che potrebbe richiamare la stessa impresa (source: archive)


Nell’impresa appare un sole riflesso in una sfera di cristallo la quale, concentrandone i raggi, genera un fuoco che incendia un tronco. Un sole che, sulla moneta, sarebbe da ricercare nel Cristo effigiato sul piviale del pontefice e che, secondo una lettura teologica nemmeno troppo complessa, con la sua luce sarebbe in grado di illuminare i giusti (in questo caso il papa stesso, il cui nome segue il simbolo) e di bruciare i malvagi. Lettura che trova conferme, sebbene solo indirette, anche in quel mondo culturale del neoplatonismo fiorentino al quale Clemente VII non fu estraneo ma che, ovviamente, rilesse e fece proprio – nei casi opportuni – alla luce della dottrina cristiana. “Perché hai dubitato?”, potreste domandarmi di fronte a questa ipotesi. Solo perché la numismatica non è materia di fede e, anche se mi fossi sbagliato, confiderei nella clemenza dei lettori: del resto, il buon Pietro è stato perdonato per dubbi peggiori…