IL RITO DELLA “LUSTRATIO”
NELLA MONETAZIONE ROMANA

(di Chiara Marveggio) | Il termine “lustratio”, letteralmente “sacrificio”, è di origine latina, deriva etimologicamente da “lustrum, i” (poi a sua volta da “luere”, “espiare”) e indica genericamente il rituale di purificazione di cose o persone che poteva essere eseguito in determinate occasioni pubbliche e/o private. Esisteva ovviamente una voce corrispettiva anche all’interno del mondo greco, dal quale per altro hanno avuto origine molti elementi caratteristici della cultura romana: “κάθαρσις”, dal verbo “καθαίρω”; in questo caso il concetto di purificazione venne reinterpretato anche in ambito filosofico come possibilità di liberazione dell’anima dall’irrazionale e dalle passioni, secondo i principi delle dottrine di Platone e Aristotele, pur se diversamente inteso. Nell’italiano moderno la radice del vocabolo “lustratio” permane infine nel verbo lustrare, il cui significato si è traslato nel senso pratico di “pulire bene una superficie in modo da conferirle lucentezza”.
E’ possibile, innanzi tutto, distinguere tre tipologie fondamentali di “lustratio”, quella presacrificale, quella espiatoria e quella preventiva.

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A sinistra, frammento delle “Tabule Iguvinae”; a destra, statuetta etrusca in bronzo raffigurante giovane con “lituus”

La “lustratio“ presacrificale precedeva lo svolgimento di un sacrificio e veniva attuata direttamente su una vittima predestinata per un sacrificio: la prescelta veniva separata dal gregge (“egregia eximia”), lavata con particolare cura, aspersa con sostanze che la purificavano e la rendevano adatta all’immolazione (orzo e sale in Grecia e a Roma o, ad esempio, burro nell’antica India). La “lustratio” espiatoria seguiva una colpa individuale o collettiva, che poteva essere stata resa manifesta dalla diffusione di un’epidemia o da eventi particolarmente funesti. La “lustratio” preventiva, infine, era volta a prevenire a scongiurare proprio questo tipo di influssi maligni, neutralizzandoli alla radice.
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A sinistra, varie tipologie di “apex”; a destra, esemplare di “simpulum” in bronzo del I-III secolo d.C.

Nello specifico, le strategie utilizzate per mettere in atto i rituali erano molteplici: ad esempio si poteva procedere alla circumambulazione (“circumambulatio”) del luogo o dell’oggetto o all’utilizzo di sostanze simboliche come l’acqua (“aqua lustralis”), che aveva il potere di “sciogliere” e portare via le impurità, il sale, che preservava e conservava, le fumigazioni di resine o di piante speciali che profumavano tutta l’area con il loro aroma o, ovviamente, il fuoco, l’elemento magico per eccellenza da sempre strettamente connesso al mondo del divino (basti pensare al celebre mito di Prometeo).
Dal punto di vista storiografico e archeologico nella Penisola italica la prima attestazione della diffusione di questo tipo di rituale è quella delle “Tabulae Iguvinae”, sette tavole bronzee rinvenute nel XV secolo nel territorio dell’antica “Ikuvium” (Gubbio), nelle quali sono descritti complessi cerimoniali di “lustratio” ed espiazione della città. Il testo è redatto in lingua umbra, in alfabeto latino e umbro.
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A sinistra, varie tipologie di “securis”; a destra, ricostruzione di “aspergillum”

Poiché la cultura latina derivò di fatto da una sintesi tra quella locale (etrusca, ma non solo, in quanto arricchita e contaminata da numerosi influssi delle altre popolazioni italiche) e quella greca, tramite la mediazione della Magna Grecia, non deve dunque stupire che questo tipo di ce-rimoniale sacro si affermò presto anche nel mondo romano.
A Roma le occasioni per celebrare una “lustratio” erano veramente numerosissime, come ad esempio a livello domestico in preparazione alle festività pubbliche: in questo caso era garantito da parte della “Res publica” la distribuzione al popolo di “suffimenta” (torce, zolfo e bitume) adatti a metterle in pratica. Tra le cerimonie caratterizzate da questi rituali, le “Feriae sementi-vae”, festività in onore dei campi che richiedevano il sacrificio di una scrofa gravida a “Ceres” e “Tellus”, i “Compitalia”, in onore dei “Lares compitales” (cioè degli dei tutelari degli incroci stradali), i “Paganalia”, in onore dei “pagi” (gli antichi villagi agricoli), i “Fordicidia” in onore della fertilità, che prevedeva il sacrificio di vacche gravide, i “Terminalia” in onore di “Terminus”, il dio dei confini, e i “Vestalia” in onore della dea Vesta, protettrice del focolare domestico.
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A sinistra, scena di “suovetaurilia” dai bassorilievi della Colonna Traiana; a destra, Altare dei Lari, periodo Giulio-Claudio, al centro Augusto con “lituus”, a sinistra Gaio o Lucio Cesare e a destra Giulia come Venere

Altri momenti particolari nei quali si procedeva ad una “lustratio” erano la dedicazione di un tempio, l’inizio di campagne militari dell’esercito (“lustratio exercitus terrestris”), la mobilitazione della flotta (“lustratio classium”), la cerimonia delle trombe (“tubilustrium”), che avveniva il 23 marzo e il 23 maggio in occasione dell’inaugurazione della stagione bellica, quella delle armi (“armilustrium”) il 19 marzo e il 19 ottobre, la convocazione dei pubblici comizi o, ancora, la ce-rimonia censoria che chiudeva le operazioni di censimento e di tutti gli altri compiti propri dei censori. Una “lustratio” particolare veniva infine rivolta a tutti i cittadini in armi periodicamente (“lustratio in campo”), in modo che questi fossero sempre “spiritualmente” puri in caso di conflitti improvvisi.
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A sinistra, L. Pomponus Molo, denario, AR, 97 a.C., g 4,03; a destra, A. Postumius Albinus, denario serrato, AR, 81 a.C., g 3,88 g

Un tipo particolare di “lustratio”, detta “lustratio populi romani”, era inoltre quella connessa con il celebre sacrificio del “suovetaurilia”: secondo la tradizione questa cerimonia sarebbe stata istituita da Servio Tullio (sesto re di Roma, 578-539 a.C.), avveniva alla fine del censo nel Campo Marzio e coinvolgeva nel sacrificio, come il nome stesso suggerisce, tre animali, un porco, un ariete e un toro. Il “suovetaurilia” più importante avveniva durante il cosiddetto “amburbium”, una festività quinquennale che si teneva ai primi di febbraio per purificare l’intera città di Roma e richiamare l’attenzione degli dei sulla protezione delle sue mura. Durante il rituale le vittime venivano condotte in processione lungo tutte le mura e il percorso terminava con il loro sacrificio. Esistono numerose testimonianze in ambito artistico di “suovetaurilia”, ma una delle più belle è senza dubbio quella di un bassorilievo della Colonna Traiana, sebbene in questo caso le mura da tutelare non fossero quelle dell’Urbe bensì dell’accampamento militare.
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Uno splendido esemplare di denario di Cn. Domitius Calvinus, AR, 39 a.C., g 3,90

Anche fonti storiche e letterarie non mancano di ricordare questo cerimoniale, come in ambito greco lo stesso Omero in ben due passi dell’”Odissea” (XI, 131 e sgg. e VIII, 59-60), quando fa riferimento a come l’indovino Tiresia avrebbe esortato Ulisse a sacrificare un maiale, un montone e un toro al dio Poseidone e poi nell’episodio alla corte del re dei Feaci, Alcinoo. In ambito romano è invece nota una citazione all’interno del trattato sull’agricoltura, “De Agri cultura”, di Catone: “Cum divis volentibus quodque bene eveniat, mando tibi, Mani, uti illace suovitaurilia fundum agrum terramque meam quota ex parte sive circumagi sive circumferenda censeas, uti cures lustrare” (“Con la benevolenza degli dei e che tutto sia per il meglio, ordino a te, Manio, affinché porti in quella direzione la suovitaurilia per tutta quella parte che pensi di girare e circoscrivere, con lo scopo di occuparti della purificazione del fondo della coltivazione e del mio terreno”).
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A sinistra, Cesare, denario, AR, 46 a.C., g 4,05 g; a destra, Cesare, denario, AR, g 3,44

Dal punto di vista pratico uno dei ruoli più importanti nello svolgimento dei sacrifici per la “lustratio” era proprio quello del “victimarius”, cioè colui che si occupava di condurre una vittima all’altare, di ucciderla e di estrarne eventualmente le viscere nel caso fosse richiesto ottenerne un vaticinio. Un’interessante testimonianza di questo momento del rituale e dell’importanza del suo artefice viene tramandata da una moneta, un denario di L. Pomponus Molo del 97 a.C., dove, sul rovescio del nomimale è rappresentata proprio la scena in cui il re Numa Pompilio (secondo re di Roma, 715-673 a.C.), con il “lituus” (il bastone ricurvo simbolo del ruolo sacerdotale), si trova presso un’ara accesa insieme ad un “victimarius”, che conduce appunto sul posto una capra pronta per il sacrificio.
Il tema del sacro è in generale molto attestato all’interno della monetazione romana, sebbene sia spesso strettamente connesso con la celebrazione politica di determinati personaggi storici e di potere: templi, cerimonie e altari sono soggetti iconografici particolarmente diffusi, ma non mancano i richiami ad elementi simbolici ed è in questo senso che possiamo interpretare la ricorrente presenza dall’epoca repubblicana a quella imperiale di determinati strumenti rituali tipici della “lustratio”.
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A sinistra, Ottaviano, denario, AR, 37 a.C., g 4,08; a destra, Nerva, denario, AR, 96-98 d.C., g 3,11 g, 19

Le citazioni iconografiche principali sono quelle del “simpulum”, l’attingitoio usato per le libagioni sacrificali, dell’”aspergillum”, un aspersorio realizzato con un rametto di alloro o di ulivo (l’antenato del moderno aspersorio ancora in uso nelle cerimonie religiose), di vari vasi sacrificali, della “securis“, cioè la scure per il sacrificio delle vittime, dell’”apex”, il copricapo conico tipico del “flamen“, il sacerdote incaricato, e il bastone ricurvo da augure (“lituus”), molto simile al pastorale del vescovo. In differenti combinazioni (ma sempre associati in almeno tre-quattro elementi) questi strumenti compaiono su numerose emissioni, tra le quali due denari di Cesare del 46 a.C., un denario di Cn. Domitius Calvinus del 39 a.C., un denario di Ottaviano del 37 a.C., un denario di Nerva del 96-98 d.C., un denario di Alessandro Severo del 222 d.C. e un antoniniano di Herennius Etruscus come Cesare del 250 d.C.
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A sinistra, Alessandro Severo, denario, Roma, AR, 222 d.C., g 3,42; a destra, Erennio Etrusco come Cesare, antoniniano, AR, 250 d.C., g 4,61

Data la ripetitività dei tipi monetali su un arco temporale veramente ampio la numismatica si rivela dunque una preziosa testimonianza della continuità di celebrazione della “lustratio” e anche della sua notevole importanza all’interno della cultura romana, poiché rappresentazioni così essenziali, schematiche e standardizzate erano tuttavia sufficienti ad evocare nella mente di colui che si ritrovava tra le mani la moneta i profondi valori religiosi dello storico rito di purificazione.